Mafia, fascismo, eversione: i misteri d’Italia sembrano tutti convergere sulla morte di Pier Paolo Pasolini. Poeta, scrittore, regista, critico, ideologo, martire: nell’Italia degli anni ’60 e ’70 non c’è ruolo che Pasolini non abbia ricoperto fino alla tragica morte del 2 Novembre 1975.
Tragica ma soprattutto irrisolta, visto che – come quasi tutti i “misteri italiani” – rimane senza colpevole unanimamente riconosciuto e soggetta a moventi contraddittori. Per prima cosa i fatti. La mattina del 2 Novembre 1975, Pasolini è trovato morto sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia. La spiaggia era allora deserta vista la stagione invernale. Il poeta fu rinvenuto da una passante alle 6:30 del mattino, massacrato di botte e investito più volte dalla sua stessa auto, un’Alfa Romeo 2000 GT.
Il primo a riconoscere il suo cadavere fu l’attore ed amico Ninetto Davoli, volto di molti suoi film. Ad essere accusato, in prima istanza, fu un ragazzo il cui nome è noto alla maggior parte degli italiani: Pino Pelosi. Il ragazzo diciassettenne fu subito preso in carico dalle forze dell’ordine e confessò di aver ucciso Pasolini in quanto quest’ultimo era intenzionato a praticare un rapporto sessuale non consensuale.
Avvistati la sera prima in un ristorante, si avviarono verso l’idroscalo. La ricostruzione di Pelosi è da qui lacunosa: il ragazzo avrebbe ferito Pasolini per legittima difesa con una mazza ritrovata nell’auto e poi investito più e più volte fino alla morte.
La ricostruzione di Pelosi, come accertato da autorevoli testimonianze esterne e pareri della magistratura, era distorta. Gli abiti del ragazzo non presentavano tracce di sangue ed era ampiamente improbabile che un uomo della stazza di Pasolini non riuscisse a difendersi contro un ragazzino. La sentenza di primo grado a carico di Pelosi non esitò a condannarlo per omicidio volontario in concorso con ignoti. Ma chi erano questi ignoti?
Se il fatto che Pelosi abbia avuto complici è una verità fattuale, la determinazione dell’identità di questi cade spesso nel complottismo o, più semplicemente, in congetture difficilmente dimostrabili.
Protagonista della ricostruzione che ha fatto storia è stata Oriana Fallaci, scrittrice ed amica di Pasolini. La Fallaci indagò per suo conto e pubblicò un reportage in cui ipotizzava che le cause dell’omicidio Pasolini avevano poco a che fare con l’omosessualità. Fu ipotizzato, in seguito a testimonianze raccolte dalla stessa Fallaci, che il gruppo avrebbe tentato una rapina a Pasolini degenerata nel delitto. Una rapina che potrebbe aver avuto i connotati di un ricatto.
Il collaboratore di Pasolini Sergio Citti ha rivelato che il regista sarebbe andato all’idroscalo di Ostia per via di un ricatto subito sul suo film Salò o le 120 giornate di Sodoma, allora nelle ultimissime fasi della post-produzione.
Secondo Citti le copie del film furono trafugate e Pasolini intavolò una trattativa con personaggi non ben specificati per riaverle. Tuttavia questa teoria non ha avuto riscontri oggettivi, Citti è morto poche settimane dopo.
A sorpresa, nel 2005, Pelosi ritratta. A trent’anni esatti, dichiara di non essere stato solo quella notte. Il fatto era già appurato anche dalla magistratura, ma la novità sostanziale è che con lui non c’era una banda di ragazzini, ma uomini dall’accento siciliano non ben identificati, a bordo di un’auto targata Catania. Queste persone avrebbero veramente massacrato Pasolini e il ragazzo sarebbe stato solo un capro espiatorio. Pelosi, però, ha deciso di parlare “fuori tempo massimo” e le sue dichiarazioni sono state spesso ritenute fallaci. Un riscontro interessante ci sarebbe stato, però. Nei giorni che seguirono l’omicidio una telefonata anonima in Polizia segnalò che una macchina targata Catania effettivamente seguiva l’Alfa di Pasolini.
A torto o a ragione, non tutti diedero credito a quest’ipotesi. Pelosi avrebbe potuto distorcere i fatti a suo piacimento trent’anni dopo, e ciò è vero, ma certamente l’ipotesi delineata sarebbe molto più plausibile di una presunta rapina da parte di una banda di ragazzini.
Morte di Pasolini: teorie, complottismi e suggestioni
Al netto degli avvenimenti puntalmente verificabili, la morte di Pasolini è ancora avvolta nel mistero anche per la mitizzazione che il poeta (involontariamente) creò intorno a sè. Omosessuale, comunista, provocatore, ineccepibile retorico ed anti-borghese: una somma di etichette che avrebbe reso chiunque inviso a buona parte dell’opinione pubblica d’allora. Pasolini era popolare in quanto fortemente osteggiato da destra e sinistra, eppure sempre profondamente lucido e intellettualmente onesto.
Molti hanno voluto vedere nella sua morte la punizione dei poteri militari e mafiosi (stragisti, per l’esattezza) verso gli intellettuali scomodi. Il film che da lì a poco sarebbe uscito avrebbe scandalizzato l’opinione pubblica ed il libro (Petrolio) che era in lavorazione avrebbe creato troppa curiosità intorno ai vertici delle aziende statali e – nel particolare – intorno alla controversa morte di Enrico Mattei avvenuta tredici anni prima.
Non è dato sapere se si tratta suggestione o verità: è vero, però, che Pasolini stava lavorando ad un’indagine riguardante l’Eni(“Lampi sull’Eni” in Petrolio) ed è sicuro che il fulcro dell’indagine fosse proprio Mattei, visto che poche pagine dopo si narra di un incidente aereo fittizio che ricorda anche troppo quello del numero uno dell’azienda petrolifera.
Altra tesi. altrettanto curiosa, che merita di essere menzionata anche solo per la sua stravaganza è quella che vede in Pasolini un martire volontario. Alcuni artisti sarebbero fermamente convinti che Pasolini stesse progettando la sua morte da ben quindici anni, e la scomparsa simbolica il 2 Novembre (commemorazione dei defunti) ne sarebbe stato indizio. Secondo questi ultimi, Pasolini avrebbe disseminato le sue opere di “tracce” che rendessero chiaro il proposito del suo “martirio”.
In conclusione, a quasi quarantacinque anni dal delitto di Pier Paolo Pasolini, si è ben lontani dall’arrivare ad una verità universalmente condivisa. Nelle parole di De André: “È una storia un po’ complicata / è una storia sbagliata”.