Torna il gruppo psichedelico australiano, con un disco di psych-synthpop molto anni ’80
Chi segue Pond, Tame Impala e GUM, tre gruppi cresciuti assieme a Perth, in Australia, e indirizzati verso un percorso musicale in comune, non sarà affatto sorpreso da Tasmania, il nuovo album del complesso di Nick Allbrook e Jay Watson. La produzione, che passa per mano di Kevin Parker, è come al solito all’avanguardia, sfruttando alla perfezione la moderna tecnologia e gli effetti sonori per ricreare quel sound particolare, tutto australiano, che ritroviamo sempre negli album degli artisti in questione.
Parliamo di un synhpop con forti venature disco fine anni ’70, new wave, dance/elettronica, glam rock e (in questo album) giusto un velo superficiale di atmosfere psichedeliche che si stende sopra tutto; atmosfere date più che altro dagli effetti di eco sparsi ovunque. Le tastiere e i sintetizzatori trionfano, lasciando spazio ad occasionali derive pop e dimenticando completamente l’uso delle chitarre elettriche.
Un sogno sonoro lungo dieci canzoni.
Ma non bisogna farsi ingannare. Rispetto all’album precedente dei Pond, The Weather (2017), Tasmania si rivela un disco decisamente anti-commerciale. Nonostante la presenza continua di suoni elettronici accattivanti e orecchiabili, la struttura delle canzoni è molto stratificata, vaga, a volte dispersiva. Non ci sono facili ritornelli cantabili, come per esempio quello di Sweep Me Off My Feet (2017). Al contrario, le canzoni si rivelano complesse all’ascolto, eleganti ma intricate, una selva di suoni intrecciati che al primo ascolto è difficile esplorare.
Le canzoni più “facili” sono le prime due, Daisy e Sixteen Days. Passate quelle, ci si inoltra in suoni nebbiosi e gommosi, vaghe sfumature multicolori (ben rappresentate dalla copertina) che sembrano più impressioni sonore che canzoni in senso classico. Chiaro, non stiamo ascoltando Parable of Arable Land dei Red Krayola (1967). Tuttavia è chiaro che Tasmania è certo il disco più libero e spontaneo dei Pond dai tempi di Hobo Rocket (2013). In Tasmania riscopriamo un po’ i primi Pond, paradossalmente più “rock” e più ispirati, più rilassati e più sognanti.
Tasmania è insomma un album che va ascoltato più volte, e preso come un capitolo nella discografia del gruppo che è tanto ostico da ascoltare quanto gradevole da capire. Un album che da un lato diserta degnamente le classifiche, ma dall’altro dà riprova della statura musicale del gruppo. E lo fa dipingendo una realtà sonora a sé stante, uno stile ormai caratteristico che verrà ricordato come uno dei simboli della musica di questo decennio.