Il 22 febbraio del 1900 nasceva Luis Buñuel, il regista che, col suo cinema surrealista, ha portato «le acque profondamente nere dell’inconscio» sul grande schermo, influenzando tutta la storia del cinema.
Il film con cui il surrealismo ha iniziato il suo processo d’invasione nell’estetica europea è Un chien andalou. Il cortometraggio del 1929 è un’accozzaglia apparentemente senza senso di scene sconnesse e inquietanti. Per realizzarlo Luis Buñuel e Salvador Dalísi sono raccontati a vicenda i loro sogni notturni più assurdi, scartando tutte le immagini dotate di qualche logicità. Tuttavia è possibile dare alcune interpretazioni e cogliere dei richiami particolari nel film. Il celebre incipit con la mutilazione dell’occhio della protagonista, sembra quasi un invito rivolto allo spettatore perché abbandoni le sue abitudini consolidate adottando un’ottica radicalmente diversa. Buñuel tuttavia, non amava schierarsi esplicitamente in favore di un’interpretazione univoca, il suo intento era piuttosto quello di:
«Far dubitare della perennità dell’ordine esistente, anche senza indicare direttamente una conclusione, anche senza prendere apertamente posizione».
Tra richiami alla dimensione onirica e elementi di satira sociale, il film sembrò a qualcuno una presa in giro…
A sentirsi chiamato in causa e deriso, era Federico Garcia Lorca, uno dei poeti di spicco della cosiddetta “generazione del 27”. Luis Buñuel lo aveva conosciuto nella grandiosa fucina di talenti della Residencia de Estudiantes di Madrid. Qui li raggiunse qualche anno dopo Dalí e i tre diventarono amici inseparabili, iniziando a porre le basi di una delle più più affascinanti e feconde avanguardie artistiche del Novecento: il surrealismo. Durante una vacanza in Catalogna, nel 1925, Lorca iniziò a sentire un sentimento particolare nei confronti dell’amico Dalí che esprime nei versi dell’Ode a Salvador Dalí. Di fatto non ci sono prove di una relazione romantica tra loro anche perché le vicende storiche li costrinsero presto ad allontanarsi. Successivamente Dalì avrebbe confessato che Lorca aveva cercato di sedurlo più di una volta: «fu amore erotico e tragico. Perché io non potevo ricambiarlo».
L’amore omosessuale era diventato una sorta di fantasma nel triangolo amicale e, in particolare, Buñuel era esplicitamente intransigente verso gli orientamenti sessuali di Federico; ma era comunque geloso del legame speciale che univa Lorca e Dalí. Il regista spagnolo dovette essere felice, dunque, di partire per Parigi con il pittore, dove i due avrebbero prodotto il film manifesto Un chien andalou. Lorca interpretò la pellicola come uno scherno nei suoi confronti e un oltraggio a tutti i suoi valori. Lui, così legato alla sua terra andalusa, sembra che fu additato come nemico dell’avanguardismo, poiché, con il suo teatro ambulante La Barraca, portava nei villaggi spagnoli i classici del teatro iberico. Buñuel ha sempre negato qualsiasi riferimento al vecchio amico, ma non bastò a ricucire il rapporto, la cui rottura divenne irrimediabile.
“Quando negli anni ’30 stavo a New York, Angel del Rìo, mi raccontò che Federico, al tempo anche lui in città, gli aveva detto: ‘Buñuel ha fatto una stronzata che si chiama Un chien andalou, e questo cane andaluso sono io!'”.
Fu la guerra civile spagnola a porre tragicamente la parola fine al triangolo amicale…
Apparentemente tutti e tre anti-franchisti, solo Lorca rimase in Spagna durante la guerra civile, schierandosi apertamente a favore della repubblica, mentre il regista, pur collaborando a lungo con i repubblicani, e il pittore — sull’amicizia tra Dalì e Franco si sono spesi fiumi d’inchiostro — furono molto ambigui nei confronti del Caudillo, considerato un “tipo stupendo” dal grande cineasta dopo averlo conosciuto di persona. Inoltre, nel suo “testamento spirituale” Dei miei sospiri estremi, scrisse: «non sono mai stato un feroce avversario di Franco, ai miei occhi non rappresentava il diavolo in persona». Se la Storia ha etichettato Dalì come un simpatizzante del franchismo, non si può dire lo stesso di Buñuel, la cui ambiguità — dovuta a dichiarazioni come quelle sopra riportate contrapposte all’attivismo repubblicano in guerra e a opere che si burlavano del regime, Viridiana o España 1936 ad esempio — tiene ancora aperto il dibattito, soprattutto in Spagna, sul suo pensiero politico.
Il 19 agosto del 1936, Lorca fu ucciso dai falangisti seguaci del dittatore, «perché di sinistra, omosessuale e massone». L’uccisione dell’amico sconvolse gli altri due, nonostante i rapporti si fossero ormai incrinati. Il figlio di Buñuel raccontò in un’intervista che quando Luis seppe che Lorca era stato fucilato scoppiò a piangere. Secondo la badante di Dalí invece, le ultime parole del pittore, prima della morte nel 1989, invocavano il nome di Federico. Quello legato al film, dunque, probabilmente fu solo un equivoco o una presa in giro “benevola”, che il malinconico poeta andaluso tuttavia non apprezzò. Il tragico epilogo della vicenda non consentì a nessuno dei tre di chiarire i malumori e, purtroppo, di Lorca non fu mai ritrovato neanche il corpo.