La migliore colonna sonora del 2018

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5) L’isola dei cani, Alexandre Desplat

l'isola dei cani

Ancora Desplat, che si conferma interessantissimo compositore di musiche per film, anche quest’anno in corsa per gli Oscar. Ne L’isola dei cani Desplat prosegue la sua ricerca timbrica. Protagoniste indiscusse della partitura sono infatti le percussioni. Il loro carattere tribale, e l’utilizzo a mo’ di ostinato che ne viene fatto, sono la base ritmica perfetta per un film d’animazione ambientato in Giappone.

Su queste solide fondamenta Desplat continua a giocare col timbro in senso coloristico. L’utilizzo di cori maschili, xilofoni, flauti e archi moltiplica e amplifica spazialmente il suono, rendendo ogni brano un’interessante macchia cromatica. Qualche inflessione su stilemi jazz non fa che arricchire lo spartito, spesso basato su scale e modi orientali.

4) Capri-Revolution, Apparat & Philipp Thimm

Capri-Revolution

Una rivoluzione, una rivelazione. Capri-Revolution ha già nel suo palmares molti riconoscimenti ottenuti a settembre a Venezia, e in agenda i David di Donatello, per i quali gareggerà in ben 13 categorie. Tra i premi già riscossi quello per la migliore colonna sonora a Venezia, firmata da Apparat e Philip Thimm, che con il primo collabora spesso. Premio meritatissimo per questa partitura, ricca di stili e influenze diverse.

Musica elettronica, musica classica, euritmica. In questa enorme sinfonia c’è tantissima roba, e i due musicisti hanno dimostrato talento e versatilità in una spinta ricerca sonora. La musica elettronica, nella Capri degli anni ’20 e nel significato globale del film, riveste un ruolo particolarmente simbolico. Allo stesso modo le sequenze di musica euritmica, cioè ispirate alle teorie del coreografo Rudolf Laban, sono dimostrazione di grandi capacità, e accompagnano alla perfezione le scene di danza e di improvvisazione artistica guidate da Seybu.

Uno spaccato delle sequenze di danza commentato da Luna Cenere.

Le menzioni d’onore.

Prima del podio, è indispensabile tributare il giusto onore a quelle che non sono propriamente colonne sonore, o non sono soundratck originali. Ad esempio, le canzoni tratte dal primo episodio de La Ballata di Buster Scruggs sono dei veri e propri gioielli. Tanto che questo primo segmento sfiora il genere del musical fino ad appropriarsene per la sua breve durata. Allo stesso modo le canzoni di A star is born sono eccezionali, e confermano le ottime qualità vocali di Lady Gaga.

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Discorso a parte merita Roma di Alfonso Cuaron, la cui musica è un complesso collage di musiche originali e non. La original score di Roma infatti si interseca continuamente con brani che richiamano la cultura popolare degli anni ’70 messicani. Spesso anche sotto forma di musica diegetica, come quando Cleo canta i classici di Juan Gabriel e Leo Dan. In questo modo quella patina di neorealismo che riveste il film è rafforzata anche da una precisa drammaturgia musicale, che contribuisce a fare di Roma il grande capolavoro che è.

3) First man, Justin Hurwitz

First Man due

Ingiustamente escluso dalla grande stagione dei premi, l’ultima pellicola di Damien Chazelle è un bellissimo biopic su Neil Armstrong. Ne racconta il lato più umano; la fatica e il dolore che l’hanno portato fino al primo passo sulla Luna. Un film estremamente intimo, che ci fa vivere il lato più struggente dello sbarco lunare. Per la titanica impresa, Chazelle ha rinnovato la sua collaborazione con Justin Hurwitz.

Abbandonata la fiammante Broadway, la musica di Hurwitz si orienta verso una rinnovata raffinatezza e ricerca. Sequenze sonore vaghe e indefinite rendono alla perfezione la vacuità dello spazio. Brani come The landing invece ci accompagnano nelle sferzate emotive più intense, con una scrittura, nella giusta misura, leggera e trionfante.

2) Suspiria, Thom Yorke

Suspiria: cellulare acceso durante la proiezione, Guadagnino non ci sta

Se la musica di Carpenter era votata alle atmosfere argentiane che lo hanno ispirato, l’omaggio di Thom Yorke al precedente dei Goblin è molto più sottile, velato, involontario. Mentre, infatti, gli arrangiamenti e il sound di Halloween non nascondono la loro vena classica, la partitura per Suspiria di Luca Guadagnino è guidata da una grande sperimentazione sonora e compositiva. A differenza del rock progressivo dei Goblin, Thom Yorke ha scelto la strada della musica elettronica combinata con le tastiere.

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Una tessitura molto interessante, che dischiude un’enorme quantità di possibilità. Un suono spesso acido, corroborante, che però risulta perfetto per il clima iniziatico del film, nonché per le sequenze di danza. Il metronomo delle vertiginose coreografie è la musica di Yorke, ed è in questi brani che il compositore ha dato il meglio di sé, come nella splendida Volk, gioiello di questa soundtrack. A parere nostro Yorke è il grande escluso di questa edizione degli Oscar, nella quale avrebbe corso con numeri importanti all’ambita statuetta.

1) Il filo nascosto, Jonny Greenwood

il filo nascosto copertina

Un podio tutto per i Radiohead. Come per chiudere circolarmente la classifica, la soundtrack che per noi avrebbe meritato la statuetta agli ultimi Academy Awards. Il filo nascosto è una delle pagine di cinema più importanti del nuovo millennio, e non meno importante è la sua colonna sonora. La partitura firmata da Jhonny Greenwood è un vero e proprio miracolo, fatto di pochissimi elementi musicali elaborati magistralmente.

Le idee melodiche sono infatti molto economizzate, come dimostra il leitmotiv Phantom Thread, ma arrangiate e variate come un grande compositore di musica classica sa fare.

Uno stile non basato sulla ricchezza e la prosopopea, ma votato quindi ad un’estrema raffinatezza ed eleganza. Anche i singoli brani seguono lo stesso principio di labor limae; sono costruiti ad esempio su un singolo intervallo musicale, o un elemento ritmico che viene reiterato ed elaborato con maestria. Le voci di quest’opera meticolosa, attenta al dettaglio, sono principalmente archi e pianoforte, che accentuano l’atmosfera nobile e composta del film.

La caratteristica più straordinaria di questa colonna sonora non è però la sua bellezza in senso assoluto, ma la perfezione con cui le sue strutture musicali aderiscono alle strutture cinematografiche, e viceversa. Jhonny Greenwood, come un laborioso sarto, ha ricamato un vestito perfetto per il capolavoro di Paul Thomas Anderson.


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