Il precedente anno cinematografico si può pienamente considerare concluso.
Colonna sonora: qual è la migliore del 2018? Con le ultime imminenti uscite italiane, tra cui l’attesissimo The house that Jack built, si chiude la stagione del 2018. Una stagione forse orfana di grandi cult, ma non per questo qualitativamente inferiore. Al contrario, sono moltissime le pellicole di taglio autoriale che ci hanno stupito negli ultimi mesi. Ad accompagnarle delle meravigliose partiture: in attesa degli Oscar, che chiudono una fase e ne iniziano un’altra, è il momento perfetto per riascoltare le musiche che hanno accompagnato i titoli più importanti di quest’anno.
Una doverosa premessa. L’arco considerato va dalla fine della stagione del 2017 alla fine della stagione del 2018, ovvero una finestra temporale di un intero anno. Questo perché cinematograficamente l’anno solare non ha molto senso, dati i tempi dettati dalle premiazioni, incrociati con quelli della distribuzione italiana. Per questa classifica abbiamo considerato le uscite italiane da gennaio-febbraio 2018 a gennaio-febbraio 2019, in modo da non escludere le grandi uscite, inquadrate in un arco temporale logico.
10) La forma dell’acqua, Alexandre Desplat
All’ultimo posto non per demerito, anzi. L’Oscar alla miglior colonna sonora dell’ultima edizione degli Academy Awards andava inserito in questa classifica, senza per questo togliere spazio alle produzioni dell’ultimo anno. La musica firmata da Desplat ha meritatamente guadagnato la statuetta, sbaragliando la concorrenza delle magniloquenti partiture di mostri sacri come Jhon Williams o Hans Zimmer. L’intimissima fusione tra le atmosfere del film e quelle evocate dalla musica sono infatti valse la vittoria a Desplat.
Senza impiegare grandi masse orchestrali e senza sviluppare geniali idee melodiche, Desplat ha lavorato molto sulla tessitura strumentale dei suoi brani. I timbri che ha scelto sono molto evocativi, fiabeschi, e la loro combinazione ricorda l’intimità e la delicatezza della musica cameristica. Pianoforti, fisarmoniche, flauti, arpe e archi pizzicati sono gli strumenti principali di questa riuscitissima colonna sonora. Esemplificativo ne è il main title, che accompagna la bellissima sequenza iniziale:
Come poteva il Maestro John Carpenter non essere presente in questa classifica? Una delle pellicole più conosciute e apprezzate del regista, Halloween del 1978, ha dato vita ad una saga che si è protratta fino ad oggi. L’ultimo capitolo, come il primo, è stato musicato proprio da Carpenter, che ha dimostrato grande versatilità e un amore smodato per quella che in fondo è una sua creatura.
La partitura si snoda intorno ai grandi tópoi musicali del genere horror. Abbondanza di stridenti synth, climax di percussioni che crescono insieme alla follia e al terrore, intromissione di suoni estranei. L’approccio di Carpenter al compito è stato piuttosto manieristico, ma non per questo di scarsa qualità o mal riuscito. L’aderenza con le atmosfere del film è perfetta, grazie anche a momenti musicali meno aggressivi, costituiti principalmente da sequenze pianistiche. In qualche modo richiama alla mente il gusto progressive delle musiche dei Goblin per Dario Argento. Carpenter ha dichiarato spesso di essersi ispirato a Suspiria, ed è evidente nelle scelte musicali che ha operato in quest’ultima occasione.
8) Vox Lux, Scott Walker & Sia
Benché questo film non sia ancora uscito in Italia (qui la nostra anteprima), la nuova pellicola di Brady Corbet era in concorso alla 75° edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Nell’attesa di una data d’uscita italiana, possiamo già conoscere la bellissima colonna sonora di questo promettente film. Vox Lux è la storia di Celeste (Natalie Portman), che rinasce cantante dalle macerie di una strage, portandosi però dentro tutti i frutti del suo dolore.
In questo azzardato portrait of 21st century il regista si è fatto aiutare da due partiture ben distinte. La prima è firmata da Scott Walker, già autore delle musiche dell’esordio di Corbet, Childood of a leader. L’utilizzo massiccio di archi e synth, spesso usati per stridenti e granitici accordi dissonanti, collide con le canzoni pop scritte da Sia. È lei l’autrice dei successi di Celeste, caratterizzati dal suo linguaggio glam ed energico. In questa dicotomia musicale si risolve la complessa trama dialettica della pellicola.
7) Sulla mia pelle, Mokadelic
Abbiamo speso tante parole per questa importantissima pellicola. Le abbiamo spese perché era fondamentale coglierla, raccoglierla e seminarla. La storia di Stefano Cucchi e delle sue ultime drammatiche ore è messa in scena da un Alessandro Borghi oltre ogni definizione di mimesi attoriale. Qualche parola è giusto spenderla anche per la colonna sonora di questo film. I Mokadelic, già autori delle musiche di Gomorra, hanno fornito un grande supporto musicale al film.
L’assenza totale di batteria rende lo snodarsi della soundtrack una sorta di enorme e tragica ballad sospesa sul vuoto. L’utilizzo delle tastiere in ogni brano ha reso la partitura nel complesso molto coerente nel sound, ed estremamente composta nel sorreggere, pacatamente, la spirale su cui si avvolge la storia.
6) Black Panther, Ludwig Göransson & Kendrick Lamar
Il film più discusso degli ultimi Academy Awards ai quali correrà con ben 7 nomination: Black Panther potrebbe incidere con un segno decisivo la storica cerimonia. Il blockbuster Disney concorre anche per la migliore colonna sonora e per la migliore canzone. Rispettivamente, quindi, avvalendosi dell’original score di Ludwig Göransson e della voce di Kendrick Lamar.
Il primo ha composto una partitura chiaramente ispirata agli stilemi musicali della tradizione africana. Il richiamo rituale delle percussioni e dei fiati, nonché l’utilizzo di forme melodiche melismatiche e di scale inusuali per il sistema sonoro occidentale si associa perfettamente alla carica sociopolitica che il film e il suo successo hanno assunto. A questa contribuisce senza dubbio la figura di Kendrick Lamar, già premio Pulitzer, rapper afroamericano da sempre vicino ai problemi del razzismo e dell’integrazione. Arricchisce il mosaico sonoro senza cozzare con Göransson, inserendosi anzi con una certa coerenza. Con la sua splendida All the stars mira dritto alla statuetta.