La vita supera il cinema: l’epica storia di Steven Bradbury

Spesso la vita supera di gran lunga il cinema. Oggi, vi raccontiamo una storia che vi lascerà a bocca aperta: Steven Bradbury e la caduta degli dèi.

steven bradbury
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Facendo questo lavoro, ogni tanto ci capita di constatare che la vita, spesso, supera qualsiasi immaginazione e che neppure il cinema può pensare di eguagliarla. Un po’ come capitò con Banksy che fece autodistruggere a distanza una delle sue opere più famose durante un’asta (per gli smemorati, ecco il resoconto). Storie incredibili che lasciano a bocca aperta, che ci fanno tentennare, che ci portano a chiederci: “ma forse, invece di andare a pagare un biglietto non è meglio mettersi con una sedia ed una birra ghiacciata sul marciapiede?”.

La vita è sorprendente, ma accettate il consiglio: andate al cinema, che per le storie assurde ci pensiamo noi ad informarvi, care scimmiette.

Il dramma di Steven Bradbury

La carriera del pattinatore sembrava dover essere piuttosto luminosa, soprattutto dopo la vittoria del bronzo nei 5000 m staffetta alle Olimpiadi invernali di Lilehammer del ’94 e alle tre medaglie mondiali.

Sfortunatamente, la vita sa essere crudele. Durante una prova individuale della Coppa del Mondo di Montreal, Steven Bradbury subisce un gravissimo infortunio che ne mette a rischio non solo la carriera, ma anche la vita.

La lama del pattino di Fredric Blackburn gli causa una ferita che intacca l’arteria femorale, facendogli perdere quasi 4 litri di sangue. Dopo 111 punti di sutura e 18 mesi di riabilitazione, Steven Bradbury torna in pista, ma l’atleta non è più lo stesso.

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Nel 2000, però, un nuovo infortunio sembra minarne nuovamente la carriera: Steven Bradbury si frattura il collo e passa le sei settimane successive con un collare ortopedico. Ciò nonostante, il pattinatore non demorde e punta deciso alle Olimpiadi del 2002.

Steven Bradbury e la caduta degli dèi…sul ghiaccio

Olimpiadi invernali di Salt Lake City, 2002. Tra i numerosi sport vernini proposti dalla competizione spicca la gara di Short Track, gara di pattinaggio sul ghiaccio basata sulla velocità. Tra i concorrenti c’è Steven Bradbury, atleta la cui carriera pare ormai essere arrivata al definitivo tramonto.

Dopo aver vinto la sua batteria, il nostro eroe si trova ai quarti di finale e sembra davvero che la sua avventura olimpica si fermerà a questo giro del tabellone. Peccato che la dea della fortuna non la pensasse affatto così e decidesse di prendere tra le sue braccia il nostro Steven.

Ai quarti, una squalifica inaspettata di Marc Gagnon gli apre le porte delle semifinali e fin qui tutto bene, direte, ma il mito di Bradbury non ha ancora completato la sua genesi. Alle semifinali le cadute disastrose degli “dèi” dello Short Track lo portano a disputare una finale che nemmeno nei suoi sogni avrebbe potuto gareggiare.

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Eppure, Steven, con l’atteggiamento di chi ha saltato la fila alle poste e ne approfitta, prende l’occasione al volo e si mette in postazione di partenza. Parte talmente male, che anche i pattini sembrano non avere talento. Non andiamo oltre, le parole non possono contenere l’imprevedibilità e la bellezza della vita. Godetevi le immagini.

Trionfo, lacrime, sgomento e gioia per tutti gli eterni perdenti del mondo (tra cui noi). Una vittoria talmente assurda da essere diventato un luogo comune. In Australia c’è un modo di dire: doing a Bradbury (fare un Bradbury), ad indicare una vittoria inaspettata, clamorosa, senza senso.

Grazie, Steven, per questa storia incredibile storia di determinazione e di rivincita contro la malasorte.

Con la speranza che, prima o poi, ci facciano un film, vi lasciamo con le parole del nostro eroe:

«Non ero certamente il più veloce, ma non penso di aver vinto la medaglia col minuto e mezzo della gara. L’ho vinta dopo un decennio di calvario». (Steven Bradbury)

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