Scordatevi la ragazzina di Sk8er Boi, Avril Lavigne è cresciuta.
La prima cosa che si nota all’ascolto di Head Above Water, il sesto album di Avril Lavigne, è che la cantante canadese è diventata un’artista adulta. Abbiamo di fronte un album profondamente intimo, delicato, che non vuole fare chiasso ma parlare quietamente di temi delicati. Primo fra tutti la morte, che la Lavigne ha visto in faccia, essendo stata affetta dalla malattia di Lyme; ragione della sua assenza dalla scena per diversi anni. Superato con coraggio questo momento difficile, Avril Lavigne è decisa a ritornare con un album importante, nel quale la ricerca delle hit da classifica lascia spazio a una musica riflessiva, quieta, a tratti cupa.
Chiariamoci subito: Avril Lavigne non è (e probabilmente non sarà mai) St. Vincent, né Susanne Sundfør, né Grimes. Quella che ascoltiamo è una cantante pop/rock che, dopo una lunga carriera, è ancora presente e mostra di essere maturata più di molte sue colleghe. Fa impressione, in effetti, pensare che si tratti della stessa giovane stella del teen punk che nel 2002 cantava Complicated. I temi trattati in questo disco vanno ora invece ben oltre i lamenti d’amore adolescenziali, e tale maturazione è accompagnata dal definitivo abbandono delle sonorità pop punk e delle schitarrate gioviali che hanno segnato la prima parte della carriera dell’artista.