Nella storia del cinema ci sono stati diversi casi di animali maltrattati sul set. Di seguito alcuni tra i più eclatanti.
Sono diversi i casi in cui, all’interno di una pellicola, ci sono scene di animali maltrattati, torturati o uccisi. Sin dai primi film del secolo scorso, nel cercare di ricreare un certo realismo, si ricorreva all’utilizzo di animali veri, anche all’interno delle situazioni più cruente.
Questa non vuole essere una lista fine a se stessa come in una sorta di macabro catalogo. L’articolo si pone come spunto di riflessione su alcuni episodi, in cui la spettacolarizzazione della morte (voluta o meno) è stata parte del processo creativo nella produzione di un’opera.
Il primo caso è quello di Topsy. Topsy era un elefante da circo che lavorava al luna park di Coney Island. Dopo essere stato considerato una minaccia per le persone a causa di alcuni attacchi, Topsy fu condannato a morte per impiccagione. Thomas Edison intervenne suggerendo l’esecuzione per folgorazione. Il tutto per poter confermare le sue teorie circa la corrente continua ad alta tensione. Fu organizzata la pubblica uccisione del pachiderma alla quale parteciparono 1500 persone.
Ognuna pagò 25 centesimi per assistere all’evento, mentre una scarica da 6600 volt attraversava il corpo di Topsy. In seguito le riprese dell’ evento diventarono un cortometraggio, Electrocuting An Elephant. Le sale cinematografiche distribuirono il film, così le persone passarono dall’andare al circo a vedere gli animali esibirsi, al rinchiudersi in un teatro per vederli morire.
Quasi 60 anni dopo il celebre regista russo Andrej Tarkovskij firma una delle sue opere più discusse: Andrej Rublev. La pellicola subì dei ritardi, in quanto le autorità sovietiche non apprezzarono la lettura critica che il film dava sulla società del periodo. La storia ripercorre le invasioni dei Tartari nella Russia del quattrocento. Oltre alle varie atrocità inflitte agli esseri umani, ci sono anche due episodi in cui gli animali maltrattati sono i protagonisti.
Nella prima si vede una mucca bruciata viva, anche se protetta da una coperta in amianto. Ma la vera scena incriminata è quella in cui un cavallo viene buttato giù da una scala dopo essere stato ferito al collo da un colpo di pistola. L’animale stordito cade rovinosamente dalle scale finendo infilzato da una picca. Una volta girata la scena, l’animale fu ucciso con un colpo di fucile alla testa. In seguito alle accuse di crudeltà sugli animali con l’unico scopo di scioccare, Tarkovskij si difese così:
“No, non sono d’accordo. Questo non modifica la percezione del pubblico. Anzi cercammo di fare tutto con molto tatto. Posso citare film che mostrano molta più crudeltà e violenza, in confronto il nostro sembra quasi modesto”
I cavalli sono un elemento imprescindibile nelle più concitate scene di guerra dei maggiori film che rievocano un determinato periodo storico o una particolare ambientazione. In film come Ben Hur (1925), La carica dei seicento, Jesse James (1939) e, inaspettatamente, anche nella trilogia dello Hobbit le vittime equine sono un numero considerevole. La maggior parte di questi animali è morta per negligenza e per poca attenzione alla sicurezza, sia durante le riprese che a telecamere spente.
Nel corso del tempo la maggior consapevolezza, l’empatia e soprattutto la creazione della The Cinematograph Films Animals Act del 1937 — che proibisce la mostra o la distribuzione di un film per il quale gli animali sono stati crudelmente maltrattati allo scopo di realizzare il film— hanno portato alla creazione di una figura identificata con la sigla AH, vale a dire un garante che deve certificare l’assenza di animali maltrattati nei film. Ovviamente al netto di incidenti e di alcuni casi in cui sono state fatte delle eccezioni.
Maestri della macchina da presa come Francis Ford Coppola e Giuseppe Tornatore, cercano di raggiungere la loro massima espressione artistica ricreando la realtà. Senza filtri. I due premi oscar si sono macchiati di un crimine analogo. Coppola nel suo maestoso Apocalypse Now filma la morte di un bisonte decapitato da un machete. Anche in Baaria di Tornatore, lo spettatore assiste all’uccisione di un bovino per dissanguamento.
In entrambi i casi si è ricercata la verità. Tornatore si è giustificato dicendo che l’uccisione della mucca in Baaria è stata ripresa in un vero mattatoio in Africa e, come un pezzo di documentario, lo ha inserito nel film. Fu fatto con lo scopo di riprendere un rito di un villaggio lontano dalla civiltà e mostrare le tecniche di macellazione che venivano usate in passato con lo scopo di mostrare al fruitore ultimo civiltà e tempi lontani.
È doveroso menzionare in questo articolo anche uno dei film più censurati della storia: Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato. La pellicola, datata 1980, è il capostipite dei falsi snuff movie. Uomini e animali si ritrovano vittime di ogni genere di barbarie. Purtroppo, gli animali uccisi, sono stati trucidati davvero. Il regista accompagna per mano lo spettatore in una spirale di disgusto e di macabra violenza ben oltre il limite del voltastomaco. Nulla a che vedere con il fatto che Luca Barbareschi sia uno dei protagonisti del film.
L’attore italiano si macchia in prima persona di uno dei crimini sparando a bruciapelo a un maiale. La decapitazione della scimmietta e lo sventramento della tartaruga sono le scene che resteranno indelebili nella mente di chi si è cimentato nella visione del film. Le bestie uccise furono tutte utilizzate realmente come cibo, nelle modalità tipiche del posto. Questo però non giustifica l’inutilità delle scene ai fini della narrazione. L’autore aveva come unico scopo quello di scioccare, mostrare la morte e spettacolarizzarla spingendosi oltre ogni limite.
Nel film scandalo di quest’anno,The House That Jack Built, Il controverso regista Lars Von Trier mostra un ragazzino mentre trancia con delle cesoie la zampa di un piccolo anatroccolo. In questo caso la scena è funzionale alla narrazione. Molti serial killer, durante la loro adolescenza, sono soliti perpetrare atrocità su innocenti animali. In questo caso però, persino la PETA è giunta in difesa del provocatorio regista. È stato infatti dimostrato che la zampetta recisa del piccolo anatroccolo, non sia altro che una protesi in silicone. Un effetto speciale.
Animali Maltrattati nei film: nel 2018 ci sono delle alternative.
In questo momento storico, non mancano gli strumenti per permettere alle produzioni cinematografiche di ricreare ogni genere di situazione senza dover ledere l’incolumità di nessun essere vivente. Il realismo e la rappresentazione del vero come forma d’arte quindi, fino a che limiti può spingersi? Fateci sapere cosa ne pensate nei commenti!
Continua a seguici su Lascimmiapensa.com per altre news ed approfondimenti!