Diciamolo, nessuno di noi se lo aspettava: Mahmood ha vinto il Festival di Sanremo.
Che Mahmood, un giovane, rapper e cantante soul, che fino a ieri nessuno (a Sanremo) aveva sentito nominare, abbia vinto la più importante competizione musicale italiana, è la rivoluzione. Forse un segnale vero, concreto, di cambiamento, nel panorama musicale della penisola (e non solo)? Che il tentativo di Claudio Baglioni di ringiovanire il Festival sia dopotutto andato a buon fine, nonostante i continui e insistenti omaggi alla musica italiana “classica”?
Chissà le facce di quella platea che, dopo aver già protestato per Motta, si è messa a fischiare come i tifosi allo stadio quando ha saputo che l’amata Loredana Bertè non si era classificata nelle prime tre posizioni. E chissà le facce di tutti gli spettatori a casa che si aspettavano la vittoria che in fondo ci aspettavamo tutti, quella di Ultimo, arrivato secondo, e de Il volo, classificati terzi.
Ora bisogna elaborare la cosa, e bisogna cercare di farlo con un minimo di distacco analitico. Ragioniamoci: la canzone di Mahmood meritava di vincere, a livello strettamente qualitativo? Probabilmente no. Diversi altri pezzi dall’anima soul/rap, come quello di Ghemon, si sarebbero potuti piazzare allo stesso modo. Ma qui il discorso è delicato, e va oltre il piano musicale.
Si dà infatti il caso che Alessandro Mahmoud sia italo-egiziano, nato e cresciuto a Milano. Giovane, interprete di musicalità relativamente (per il nostro paese) innovative. Traete le vostre conclusioni: non è nostro compito fare politica ma sapete tutti quali tempi stiamo vivendo. La vittoria di Mahmood può essere un segnale di cambiamento nella mentalità, un segnale reale? E se così fosse, un segnale guidato?
Certo non un segnale isolato, però: la tripla vittoria di Daniele Silvestri e Rancore (premio della critica, premio per il miglior testo, premio Lucio Dalla) può essere considerato (e da noi sicuramente lo è) un ulteriore trionfo della musica di qualità a Sanremo 2019. Dulcis in fundo, anche una doppietta di premi portata a casa da Simone Cristicchi, artista apprezzato per i temi impegnati che tratta e per il suo lavoro teatrale, non è di certo da trascurare.
Che sia finalmente l’inizio di un’era nella quale a Sanremo è possibile che venga effettivamente premiata la qualità, al di là dei bei ritornelli e delle canzoni d’amore? O si tratta magari solo di un evento occasionale, di una pura coincidenza, di un’interpretazione viziata che stiamo dando noi, influenzati dalle vicende di cui sentiamo parlare ogni giorno? Difficile da stabilire ora: forse tra qualche anno ci sarà più facile. Quel che è certo è che la finale di Sanremo 2019 resterà ricordata come una delle più memorabili e sorprendenti nella storia del Festival.