Se è vero che il rock era morto, gli Strokes l’hanno resuscitato con Is This It.
Is This It. The Strokes. Di cosa parliamo? Provate ad accendere la radio alla ricerca di un brano rock. Potrete imbattervi in un classico, diciamo pre-2000, oppure potete capitare un pezzo (relativamente) nuovo, uscito dopo il 2000. Ecco, quelli sono gliStrokes. No, non nel senso che hanno scritto o composto loro quella canzone, ma, volendo esagerare, è come se fosse così.
Nel 1998, in qualche garage di New York, Julian Casablancas, Nick Valensi e Fabrizio Moretti danno vita agli Strokes (nome che, non a caso, può significare sia “colpo” che “carezza“). Dopo l’arrivo di due nuovi membri la band raggiunge la formazione definitiva, nonché la classica formazione rock: una voce, due chitarre, un basso e una batteria.
Quando la scena mainstream era dominata dall’elettronica e dall’hip-hop, gli Strokes (insieme ai White Stripes) si fanno carico del compito di riportare in auge i suoni classici del rock, “la musica della chitarra elettrica” pubblicando il capolavoro che segnerà un’era: Is This It.
Is This It è un concentrato di grinta e voglia di sfondare, caratterizzato da un approccio creativo deciso ed uniforme, nei testi e nelle sonorità. Le distorsioni sono del tutto naturali, persino quella della voce rauca e punk di Casablancas, la quale passava attraverso un amplificatore per chitarra. Nel complesso, però, il disco si “appiattisce” (in senso buono) e risulta digeribile a tutti gli ascoltatori, persino a coloro che erano estranei al rock.
Un album per la radio, un album per tutti.
Is This It ha, infatti, tutte le caratteristiche di un perfetto disco da radio: orecchiabile, melodico, canzoni che non arrivano ai 4 minuti, testi “pop” sull’amore, eccetera. Riuscendo a far breccia nella radio (e su MTV), l’album sconvolge l’industria, generando un’enorme richiesta di musica del genere da parte degli ascoltatori e, di conseguenza, dalle etichette, e ispirando le nuove generazioni ad imbracciare nuovamente le chitarre.
Per questo non esageriamo quando diciamo che il rock moderno che ascoltiamo in radio lo dobbiamo agli Strokes. Black Keys, The Killers, Franz Ferdinand, Arctic Monkeys (che, addirittura, li citano esplicitamente nel testo di Star Treatment: “I just wanted to be one of the Strokes” – “Volevo solo essere uno degli Strokes“) sono tutti nomi che sono venuti fuori immediatamente dopo la rivoluzione rock della band di NY.
Oggi, dopo quasi vent’anni, il disco non è invecchiato per niente, proprio perché quel sound da loro (re)inventato è ancora attuale e domina le classifiche. Tuttavia, non conserva più quell’aria “innovativa” che aveva all’epoca. Is This It come anche Casablancas e soci, che non sono riusciti ad evolversi abbastanza con i successivi album, e persino tutto il filone di band che hanno seguito le orme di quest’ultimi.
Forse però siamo noi che ci stanchiamo facilmente. Pretendiamo forse troppo aspettandoci un’altra ondata di cambiamento sulla falsa riga di quella strokesiana?