Conversazioni con un killer: Il caso Bundy – Perché non dovete perdervi la nuova docu-serie Netflix

Conversazioni con un killer: il caso Bundy
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Era il 24 Gennaio del 1989 quando Ted Bundy, serial killer più famoso d’America, veniva giustiziato sulla sedia elettrica.

La prigione di Starke, in Florida, era assediata da una folla urlante, accampata da giorni in attesa dell’esecuzione. Quando parliamo di Ted Bundy, infatti, parliamo anche del primo assassino seriale a diventare un clamoroso caso mediatico. Prima di lui non esisteva neanche il termine “serial killer”: è nello sguardo di Charles Manson, poi nel sorriso di Bundy che l’America vede il sogno trasformarsi in incubo.

Fin dal primo arresto, avvenuto in Utah nel 1975, sembra che ogni parola, ogni gesto di Ted Bundy sia stato registrato, fotografato, documentato con perizia quasi ossessiva. Giornalisti, giudici, agenti di polizia di 6 diversi stati: è spaventoso anche il numero delle persone che hanno dedicato anni della propria vita a indagare il mistero Bundy, assassino dai modi distinti e l’aspetto gentile. Ora, a trent’anni dalla sua morte, Netflix presenta Conversazioni con un killer: Il Caso Bundy, docu-serie in 4 puntate firmata da Joe Berlinger. Da notare che Berlinger è anche il regista di un attesissimo film di fiction: uno dei titoli più controversi e discussi della nuova stagione.

Presentato proprio in questi giorni al Sundance Film Festival, il film porta il titolo di Extremely Wicked, Shockingly Evil, and Vile. Ovvero: estremamente malvagio, incredibilmente cattivo e vigliacco. Una serie di epiteti sinistri che centra in pieno la personalità di Bundy: autore del brutale assassinio di almeno 30 giovani donne. Ma il film di Joe Berlinger, che non ha ancora una data d’uscita, si presenta già oggetto di aspre critiche. Al centro della polemica, la scelta del protagonista Zac Efron: celebre volto Disney, noto per High School Musical e altri rassicurati blockbuster per ragazzi. Il film di Berlinger andrebbe così ad alimentare il mito di Bundy: narcisista di straordinario carisma, forte di una dialettica folgorante, grande intelligenza e un aspetto oggettivamente seduttivo. Un uomo che, anche a decenni dalla morte, mantiene intatto il suo fascino criminale.

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Eppure, al polo opposto della celebrazione, c’è Conversazioni con un killer: il caso Bundy, docu-serie dal realismo dirompente, capace di mostrare non solo le psicosi dell’uomo, ma di una società intera, totalmente schiava di ambizione, apparenza e immagine.

Conversazioni con un killer: Il caso Bundy
Conversazioni con un killer: Il caso Bundy

La storia di Ted Bundy è quella di un giovane ossessionato dall’eccellenza.

Nonostante decenni di libri, inchieste e speciali televisivi, di fronte a Bundy la domanda sembra sempre la stessa: perché un uomo così avvenente preferiva la violenza? Perché, nonostante avesse trovato una nuova compagna, preferiva avvicinare le donne con l’inganno, sottoporle a violenze sempre più feroci? Sequestro, abusi sessuali, assassinio, necrofilia: tra le poche spiegazioni per questo climax di orrori, che prosegue indisturbato per anni, è aver deluso le aspettative. Da giovane studente di legge, Ted Bundy si fidanza con una ragazza dell’alta società. Nel contesto accademico come nella vita privata, non riesce a sostenere la pressione. E se la società non lo riconosce come numero 1, se per lei non sarà mai abbastanza ricco, forte e prestante, deciderà di vendicarsi decine e decine di volte. Un modo come un altro per entrare nella Storia.

La serie di Joe Berlinger è un brillante esperimento di cinema del reale, imperdibile per svariate ragioni. L’approccio a questa immane quantità di materiali d’archivio è infatti quella del montaggio espressivo: concettualmente vicino al “montaggio delle attrazioni” teorizzato da Ėjzenštejn e le avanguardie sovietiche. Un’idea anti-naturalistica, dove il montaggio non procede secondo una mera consequenzialità lineare, ma cerca l’emozione e l’intelletto dello spettatore nella contrapposizione di materiali eterogenei. La struttura di Conversazioni su un killer: il caso Bundy non si limita così all’alternanza di vecchi filmati e nuove interviste. Non c’è un lineare sviluppo cronologico, né soluzione di continuità tra i diversi media: tra foto, audio e video l’azione si muove incessantemente avanti e indietro nel tempo. Una soluzione che consegna lo spettatore alla stessa inquietudine, lo stesso tormento di chi per anni ha inseguito Bundy: l’uomo è riuscito e mettere a segno 2 rocambolesche evasioni. Ma soprattutto, il killer che non ha mai rivelato il numero preciso delle sue vittime; meno che mai la verità sui suoi pensieri.

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Dopo la cattura in Utah, Conversazioni con un killer: il caso Bundy mostra Ted difensore di sé stesso nel doppio processo per omicidio.

Una agghiacciante testimonianza di un uomo completamente scollato dalla realtà: felice come un bambino, ogni volta che prende la parola e riconquista il centro della scena.Psicosi, fantasie e stratagemmi di Ted Bundy hanno già ispirato 2 pietre miliari della letteratura e il cinema americani. Patrick Bateman, il protagonista di American Psycho di Brett Easton Ellis colleziona le sue biografie. Buffalo Bill, il killer de Il silenzio degli innocenti, avvicina le sue vittime con la stessa scusa: chiedere aiuto con un finto braccio ingessato. È grazie alla docu-serie, se lo vedremo per la prima volta come un uomo. Lontano dal mito, senza speculazioni né leggende. E fino all’ultimo fotogramma, la violenza e la morte non trovano spiegazione, senso né redenzione. Nel cast del film di Joe Berlinger, Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile, oltre a Zac Efron vedremo anche John MalkovichJim Parsons, Haley Joel Osment e James Hetfield. Il frontman dei Metallica interpreta quel mite poliziotto dello Utah che scrive la parola fine, interrompe la fuga di Bundy e lo consegna finalmente alla giustizia.

Nell’attesa della controversa versione cinematografica, non possiamo che consigliarvi Conversazioni con un killer: il caso Bundy.

 In un tweet Netflix US ha invitato gli spettatori a non affrontare da soli le 4 puntate della docu-serie. Una sorta di disclaimer politicamente corretto, da non prendere necessariamente alla lettera. Tra Once Upon A Time in Hollywood di Tarantino,The House That Jack Built di Lars Von Trier e i 2 titoli dedicati a Ted Bundy, c’è chiaramente un filo rosso, e un invito decisamente più pressante. Forse, è davvero ora di fare i conti con il lato oscuro dell’American Dream, i fallimenti del ’68, il ’69 e l’Estate dell’Amore. Un passaggio storico che resta totalmente irrisolto, diviso tra verità e ipocrisie, leggende e mostruosità, che ci interrogano con occhi tremendamente umani.

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