Intervista a David Lowery

Condividi l'articolo

«The Old Man and the Gun Ã¨ un gran bel film ma A Ghost Story…»

The old man and the gun

Nonostante la grande promozione stampa fatta da Lowery per The old man and the gun, la gente continua a ripetergli lo stesso ritornello; pur trattandosi di un film grandioso, A Ghost Story «is something else», è tutt’altro! Come già detto, Lowery non avrebbe mai potuto immaginare che un film con Robert Redford potesse essere messo in ombra dal suo film più intimo. Ma abbiamo visto anche come, in fondo, questo non gli dispiaccia affatto.

The Old Man and the Gun è essenzialmente un film “da uomini” e fatto “di uomini”, perciò è interessante scoprire l’importanza che il regista dà all’unica donna del film, Sissi Spacek.

the old man and the gun sissy spacek

Lowery si pone sempre in un rapporto di reciproca collaborazione con i suoi attori. Così le sue rigide e precise sceneggiature, sono allo stesso tempo libere di aprirsi e di accogliere gli spunti che provengono da chi deve interpretarle. «A Sissy do tutto il merito della scena nella gioielleria. Era molto breve nella sceneggiatura e lei ha visto la possibilità di espanderla in un modo che riteneva necessario per l’evoluzione del personaggio. Beh, aveva ragione al 100%! Al 100%! E questa è una delle mie scene preferite del film, non ci sarebbe neanche stata se non fosse stato per lei. […] Soprattutto in un film come The Old Man & the Gun che riguarda gli uomini, è stato bello avere l’opportunità di dare la precedenza ai personaggi femminili. Sono così grato che Sissy abbia colto l’occasione.»

Ma Robert Redford è pur sempre Robert Redford…

the old man the gun recensione

(Letterboxd): «Una domanda da nerd: nel suo sogno più sfrenato, quando ha iniziato a fare il regista, avrebbe potuto immaginare di fare non uno ma due film con il grande Robert Redford?» (D.L.) Â«Non mi sono accorto di Robert Redford fino a quando non sono venuto a conoscenza del Sundance Film Festival quando avevo 12 o 13 anni. Così per me l’obiettivo era diventato quello di essere associato a lui attraverso il suo festival; far parte di ciò che lui aveva creato. I suoi film sono arrivati più tardi. L’ho conosciuto più come regista che come attore. Solo più tardi ho conosciuto tutti quei primi classici. Quindi, lavorando con lui due volte ora ne riconosco il peso, ma di sicuro non era nella mia lista di cose da fare. Ãˆ stata davvero una bella sorpresa cadere “in allineamento” con lui in questo modo».

(Letterboxd) «Qual è la cosa migliore di lavorare con lui? Cosa non sappiamo del modo in cui lavora che vorresti che la gente sapesse?» (D.L.) «Non sarà una sorpresa, ma che è così rilassante e divertente. Gli piace molto divertirsi. E’ molto, molto giocoso e quel luccichio nei suoi occhi che conosciamo e amiamo sul grande schermo è lì quando si lavora con lui perché ama fare quello che fa. E non si prende sul serio. Prende sul serio il lavoro, ma non si prende sul serio e nemmeno io, quindi penso che uno dei motivi per cui andiamo così d’accordo è perché ci stiamo divertendo entrambi.»

Nonostante il giusto “allineamento di pianeti” gli abbia consentito di lavorare con attori così importanti, Lowery non esclude nessuno ai casting.

David Lowery lo scrive nelle sceneggiature e lo dice ai suoi agenti di casting: «Chiunque, potrebbe essere CHIUNQUE». Ciò mette in luce la grande flessibilità e apertura con cui il regista lavora. È degno di nota anche il fatto che Lowery ci tenga a circondarsi di persone che rispecchino non solo la sua visione delle cose, ma tutto il mondo circostante. «Nonostante abbia sempre lavorato con donne meravigliose e collaboratori meravigliosi, senza i quali non avrei mai voluto-potuto fare un film, guardo sicuramente al corpo più ampio delle nostre troupe e mi assicuro che riflettano il mondo che ci circonda. Penso che sia quello che tutti stanno facendo ed è una cosa bellissima.»

LEGGI ANCHE:  Willem Dafoe: "In Italia hanno preso il Covid seriamente. Negli USA, no"

«Credo che tutti nell’industria in questo momento stiano dicendo: facciamo un passo indietro e guardiamo come sono i nostri set cinematografici e facciamo in modo di non perdere niente. Perdere l’opportunità di collaborare con persone che hanno prospettive diverse o che possono portare qualcosa di nuovo sul tavolo e che potrebbero non aver avuto quelle opportunità in passato, perché c’è la tendenza a scegliere solo ciò che è familiare. Si sceglie ciò che si sente familiare e spesso ciò che si sente familiare è se stessi.»