Il regista di A Ghost Story, David Lowery, oltre ad aver lavorato con la Disney, girato l’ultimo film con Robert Redford e aver fatto emozionare tutti i redattori della Scimmia col suo “piccolo film“, è anche uno dei registi preferiti di Letterboxd.
Letterboxd è un social network cinematografico nato nel 2011 in Nuova Zelanda. Gli utenti possono usarlo come un diario in cui condividere opinioni sui film, tenere il conto di quelli visti, votare e recensire quelli che preferiscono. Per la prima volta, lo staff di Letterboxd ha deciso di dare la “cittadinanza onoraria” a un regista, che è risultato essere uno dei preferiti dagli utenti, David Lowery. Per l’occasione, Lowery ha rilasciato una lunga e interessante intervista sul suo modo di fare cinema, sul rapporto con gli attori e la troupe, sull’amore per la moglie – anche lei regista – ma soprattutto sui suoi tre film più importanti Pete’s Dragon, A ghost story e il più recente The old man and the gun.
Lowery adora la critica cinematografica, «una bella forma d’arte», ma non può accettare di entrare a farne parte.
«Faccio film per far parte della conversazione sui film. Ma è una conversazione alla quale, una volta realizzato il film, non posso più partecipare. Il film è quello che ho avuto da dire e dopo di che, è secondo me, quasi inopportuno continuare il discorso.» L’unica cosa che ci tiene a dire dei suoi film è una grandiosa metafora: «Mi piace pensare ai miei film come masse d’acqua. E mi piace molto che i miei film siano laghi che si increspano verso l’esterno e a volte hanno bisogno di essere deviati in ruscelli e fiumi o congelati nei ghiacciai.» E proprio come l’acqua, che scorre fluida e inarrestabile, i suoi film si muovono in direzioni che lui stesso non è in grado di controllare. A Ghost Story è quel tipo di corso d’acqua che «ti travolge» come un fiume in piena, mentre Pete’s Dragon «è molto più un tuffo in un’avventura fantastica».
«Pete’s Dragon è certamente il corpo d’acqua più propulsivo che ho costruito finora»
Per realizzare Pete’s Dragon – Il drago invisibile Lowery ha usato come «barometro» i suoi gusti da bambino. «Ho solo cercato di fare un film che mi sarebbe piaciuto molto quando avevo sette anni». David Lowery infatti, si sente molto in contatto con il bambino che era, non ha difficoltà ad attingere alla mentalità di quando era piccolo. I film che preferiva erano quelli che lo spaventavano o che avrebbero suscitato in lui un’emozione che non sapeva gestire, incontrollabile.
Eppure, per lui non è stato facile, da bambino, avvicinarsi al mondo del cinema e della televisione e dovette arrangiarsi come possibile, con libri di fiabe illustrati.
«Sono cresciuto senza televisione. I miei genitori non ci avrebbero permesso di avere una TV e così i miei primi ricordi risalgono a quando andavamo al cinema. Ho visto Pinocchio e E.T, questi sono stati i primi due film che ho visto e ne ero ossessionato. Ma non avevo un modo per guardarli di nuovo, così andavo in biblioteca. C’erano libri di fiabe che contenevano molte fotografie, io prendevo quei libri e li leggevo ripetutamente. Non ho visto Star Wars per almeno un paio d’anni dopo esserne venuto a conoscenza. Conoscevo l’intera storia, ma solo attraverso i libri. E infine un giorno i miei nonni l’hanno registrato alla televisione e me l’hanno mostrato. Ma a quel punto conoscevo tutta la storia, dall’inizio alla fine.»
Il Lowery bambino era molto appassionato di mitologia greca e spaventato da Ghostbusters.
Lo ossessionava il desiderio di vedere Scontro fra titani. Così, quando un giorno la famiglia Lowery noleggiò una TV con videoregistratore, David andò subito a prendere la cassetta di Scontro fra titani. «L’ho guardato più e più e più volte perché sapevo che avevo solo quel fine settimana per vederlo.» Era questa l’esperienza che David Lowery voleva far vivere a un bambino di 7 anni che nel 2016 vede il suo Drago invisibile! Il futuro regista di A Ghost Story, da bambino era anche terrorizzato da Ghostbusters: «Avevo visto l’inizio a casa di un amico e mi terrorizzava, ma non riuscivo a smettere di pensarci ed è stata una cosa davvero emozionante per me.» Dunque la creazione di Pete’s Dragon è stata accompagnata da: «L’idea di trovare quell’equilibrio di paura e spavento da iniettare in un film che mi avrebbe agganciato a quell’età , anche se mi aveva, in una certa misura, traumatizzato. E poi anche assicurarmi che fosse un film che a me, a 37 anni, sarebbe piaciuto molto, molto, molto.»