Da L’esorcismo di Emily Rose a L’esorcismo di Hannah Grace, quindici
anni dopo ma con risultati diametralmente opposti.
Nato in Olanda ma cresciuto tra Grecia e Stati Uniti, il regista Diederik Van Rooijen mette in scena la debolissima sceneggiatura scritta da Brian Sieve, già autore del mediocre Boogeyman 3. E sebbene lo script non aiuti di certo, anche la regia non è propriamente ispirata o quantomeno funzionale a dare a L’esorcismo di Hannah Grace un certo fascino visivo. Insomma, in questo film non funziona praticamente nulla. Forse perché il cinema è saturo di esorcismi e quant’altro? È un’ipotesi vagliabile ma possiamo dire il contrario di tutto. E non è questa la sede adatta. Limitiamoci dunque a parlare di questo esorcismo che vede la povera Hannah Grace legata a letto e circondata da due preti (che diventano uno) e dal padre che per evitare una carneficina, la uccide con un cuscino. Stacco. Passano tre mesi e Shay A. Mitchell, dopo essere stata Emily Fields in Pretty Little Liars, entra nei panni di Megan Reed. Ex agente di polizia, quasi ex tossicodipendente a causa di un trauma legato al suo passato in polizia. Dopo varie sedute, il suo sponsor le trova il lavoro perfetto: turnista notturna all’obitorio. Tutto scorre tranquillamente fin quando le arriva un corpo mutilato. Ovviamente quello di Hannah Grace. E la notte non sarà più tranquilla come prima.
Almeno negli ultimi venti minuti di film. Già perché uno dei primi problemi riscontrabili in L’esorcismo di Hannah Grace è proprio quello legato al ritmo. Il regista si dimena tra il classico stilema jump-scare e l’horror d’atmosfera, senza però prendere una via giusta. Le ambientazioni sotterranee che dovrebbero risultare quantomeno claustrofobiche e labirintiche, si limitano solo al secondo caso. Tolta l’introduzione in cui vediamo il fallimentare (e pessimo) esorcismo, ci sarà una completa stasi per circa un’ora di film. Che non sarebbe un male, se non fosse che l’esorcismo di Hannah Grace duri meno dei canonici novanta minuti. L’azione orrorifica sembra un po’ lasciata al caso, come se la situazione costruita fosse sufficientemente spaventosa già di suo. Emblematica la scelta di non voler apporre alcun contrappunto musicale ad accompagnare i pochi e prevedibili jump-scare del caso. Emblematica e fallimentare perché probabilmente un po’ di furbizia sarebbe stata quantomeno necessaria per dare verve ad un film che di verve non ne ha.