Tra le novità in sala dal 31 Gennaio arriva finalmente Il primo re di Matteo Rovere: il film italiano più atteso ediscusso della nuova stagione cinematografica. Da tempo immemore un regista italiano non tornava a varcare i confini dell’epica. Sfida seriamente ardita, a partire dal versante produttivo: Il primo re è infatti un progetto da 9 milioni di euro, raccolti soprattutto attraverso co-produzioni internazionali. Ma né il budget né l’etichetta “epico” devono trarci in inganno: il film scritto da Matteo Rovere con Francesca Manieri e Filippo Gravino rifiuta tutti i cliché di genere, che appartengano al passato oppure ai migliori blockbuster contemporanei. Nessuna mistificazione, nessuna concessione allo spettacolo: Il primo re si presenta così come un’opera fondata sul più assoluto rigore, e un complesso lavoro di ricostruzione storica che dal linguaggio arriva agli scenari, il territorio e l’equipaggiamento bellico. Il risultato è un film dal realismo crudo, che illustra il mito di Romolo e Remo e la feroce guerra tribale che prelude la fondazione di Roma.
Alessandro Borghi e Alessio Lapice sono i protagonisti di un film estremo da ogni punto di vista: interamente recitato in dialetto latino arcaico, interamente girato in esterni. Dal punto di vista del linguaggio, è inevitabile pensare ai precedenti firmati Mel Gibson, soprattutto La passione di Cristo : eppure, mai film fu più lontano da questo. La violenza che attraversa ogni sequenza de Il primo re è quella dell’uomo, ma anche della natura, che infuria indifferente ad ogni sofferenza umana. Sono assenti gli dei, di cui resta solo il terrore, così come l’aura della celebrazione e del mito: nell’eccellente interpretazione di Alessio Lapice e Alessandro Borghi, Romolo e Remo sono eroi di carne e sangue. Soprattutto sangue: quella de Il primo re è una prospettiva di realismo radicale, che non risparmia nessun dettaglio, in una lotta alla sopravvivenza che prosegue senza tregua. Oltre le battaglie, colpisce la violenza insita nella vita quotidiana: scontri corpo a corpo, animali eviscerati, organi morsi e consumati crudi. Fondamentale la verità della fotografia di Daniele Ciprì: autore che, non a caso, corrisponde alle sperimentazioni più estreme degli anni ’90, Cinico Tv, Totò che visse due volte.