Lo spazio, fin dall’alba dei tempi, ha sempre affascinato l’uomo, destandolo dal suo sonno esistenziale e spingendolo alla scoperta. L’ignoto ci rapisce, ci ammalia e ci invita a varcare la soglia del nostro piccolo mondo, per andare definire ciò che non capiamo. Il cinema, grande motore dell’illusione e della fantasia, ha contribuito a rendere ancora più affascinante questo concetto. Grazie alla settima arte e alle grandi opere che realizzate negli anni, oggi possiamo guardare con ancora più stupore lo spazio, immaginandoci mille avventure e filosofie esistenziali. Partendo da tale concetto, oggi vi consigliamo i 10 film migliori film ambientati nello spazio:
1) 2001: Odissea nello spazio – Stanley Kubrick (1968)
Il capolavoro di Stanley Kubrick ed il viaggio dell’uomo verso il divino; questo è in poche parole 2001: Odissea nello spazio.
Un’opera immensa, che non solo ha rivoluzionato per sempre il cinema, ma ha anche introdotto un discorso sull’evoluzione umana, che ancora oggi è al centro di numerose discussioni. Un film esteticamente perfetto, che ha saputo unire forma e musica, come non era mai stato fatto in precedenza, dando vita da una vera rivoluzione semantica, proprio come l’aveva pensata lo stesso regista. Un lavoro che ha sancito un prima ed un dopo all’interno del genere fantascientifico, divenendo così un vero e proprio simbolo di riferimento, gettando le basi per tutto quello che, da lì a poco, sarebbe nato.
Un capolavoro che ancora oggi riesce a proiettare la sua lunga ombra sulle produzioni moderne, imponendo un confronto, che seppur inutile e sbagliato, sancisce un bisogno che non è stato più appagato dal lontano 1968. Un’opera complessa che punta la sua lente d’ingrandimento sull’uomo, sul rapporto creatore e creazione, rivolgendo lo sguardo verso il futuro e donando la giusta importanza all’ignoto, qui rappresentato dal monolite nero. Un oggetto non meglio definito, che lo stesso regista decide di lasciar avvolto nel mistero, per donare una sorta di misticità e sacralità a tutto il racconto.
Elementi necessari affinché l’uomo abbia paura, creda a quel che vede ed infine si elevi verso un qualcosa di superiore, ancora oggi inafferrabile.
2) Sul Globo d’Argento – Andrzej Żuławski (1988)
Un piccolo gruppo di esploratori spaziali lascia la Terra in cerca di libertà e felicità. Costretti ad un atterraggio di emergenza, si ritrovano sul lato oscuro della Luna e cominciano a costruire una nuova civiltà primitiva.
L’uomo è prigioniero dei simboli e degli Dei che si costruisce attorno per sondare l’universo e per placare la paura dell’ignoto, che da sempre lo accompagna. Sul Globo d’Argento di Andrzej Żuławski è indubbiamente uno dei film più completi e complessi della storia del cinema, un’opera che è in grado di sondare la storia dell’uomo e la sua psiche.
Un viaggio filosofico e mistico, su un altro ecosistema del cosmo, tanto simile alla Terra, quanto diverso nella forma e nei colori.
Un’odissea della settima arte che trascina lo spettatore verso lidi alieni, destinati ad essere plasmati dall’uomo e trasformati in luoghi ospitali e a lui famigliari.Una storia che è destinata a ripetersi fin dalle sue origini, come se fosse costellata da archetipi esistenziali inevitabili per l’evoluzione della nostra specie, fisica ed emozionale. La scoperta del fuoco, la creazione di miti e leggende, l’invenzione della religione ed infine la necessità di un Salvatore, tutti passaggi chiave per potersi mutare da bestia primordiale ad essere senziente e sterminatore.
L’opera di Andrzej Żuławski insieme a Solaris di Andrej Tarkovskij e a 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, va a riprendere e a proseguire un discorso ontologico e nichilista sull’uomo e sull’infinito, tanto in voga in quegli anni. Un’analisi approfondita su una ricerca di conoscenza e di appagamento per la nostra specie, fautrice di un’evoluzione, a tratti obbligata dalla natura stessa, verso uno stadio fisico e/o spirituale superiore.
3) Solaris – Andrej Tarkovskij (1972)
L’uomo guarda da sempre l’ignoto con grande fascino, ne è catturato, non riesce a distogliere lo sguardo da quel buio in fondo al corridoio che fin da piccolo alimenta i suoi sogni ed i suoi incubi. Quell’oscurità che nell’infanzia poteva ospitare mostri o pericoli, oggi nell’età adulta può accogliere speranze e desideri, soprattutto se quel nero è nella volta celeste. Solaris, epopea spaziale e filosofica, parla anche di questo, di come l’essere umano continui a cercare risposte nelle stelle, dimenticandosi che quello che vuole realmente è accanto lui.
Un’animale dannato, condannato alla strenua ricerca di un qualcosa che non può raggiungere.
Una felicità illusoria e flebile, simile a quella descritta da Giacomo Leopardi secoli fa, figlia di una natura matrigna. Gran parte del senso della pellicola ruota attorno ad una frase che viene detta da un membro dell’equipaggio “all’uomo basta soltanto l’uomo”, un pensiero profondo e che ci porta a riflettere su quella disperata ricerca di un contatto fra le stelle e ad inquadrarla da un diverso punto di vista.
L’essere umano, che fin dai tempi delle scimmie è sempre stato portato a guardare oltre a quella siepe che gli si para davanti ogni giorno, spesso si dimentica della propria meta e di ciò che alimenta la fiamma della conoscenza. Ognuno di noi è incompleto, una mela tagliata a metà e privata dell’altra parte, (Simposio di Platone) destinata alla ricerca di un qualcosa che possa soddisfare quel vuoto. Quella stessa sensazione di imperfezione che ci attanaglia fin dalla nascita e che raramente ci abbandona.
L’elemento mancante, quella panacea per i tormenti dell’animo, che può essere qualsiasi cosa. Solaris è questo, uno specchio del nostro animo, della nostra disperata ricerca e di quel vero motivo per cui guardiamo ogni giorno verso le stelle in attesa di una risposta.
Kris Kelvin osservando quell’oceano vede sua moglie, la donna che ha perso sulla Terra e che ora può nuovamente abbracciare per sentirsi completo. Una volta con lei, la sua missione perde di significato, non volge nemmeno più lo sguardo verso quel buio che lo ha spinto su quel pianeta, ora l’importante è poter amare quella donna che ha fra le braccia. La desolazione della base spaziale è un’ulteriore amplificatore per il tormento del protagonista e di quel tentativo inutile di non lasciarsi andare ad un passato fatto di allucinazioni, tanto ingannevole, quanto crudele.