Sex Education, la serie Netflix che incanta come Skins

Sex education 2 i protagonisti
i protagonisti di Sex Education
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Sessualità e adolescenza, un connubio quanto mai attuale nonché tematica da cui si può attingere all’infinito. Ormai da tempo, moltissimi registi si sono addentrati nella sessualità adolescenziale, sempre in piena coerenza con un determinato contesto storico. Ora banalmente, ora in maniera più acuta, il teen drama ha sempre messo la famigerata tempesta ormonale in cima ad ogni cosa. Se da un lato abbiamo prodotti a stelle e strisce più contenuti come Dawson’s Creek e The O.C., in terra d’Albione non si sono mai risparmiati nel mostrare la verità nuda e cruda.

Sex Education riprende la coerenza con la quale gli inglesi hanno da sempre raccontato questa spinosa tematica. Come se fosse un ideale proseguo della serie cult Skins, Netflix ha prodotto questa interessantissima serie che riesce a raccontare la sessualità negli adolescenti attraverso una notevole mescolanza di generi, spaziando infatti dal dramma fino al comico. Merito della creatrice, Laurie Nunn e soprattutto del bravissimo Asa Butterfield, visto recentemente in Miss. Peregrine. L’attore veste qui i panni di un impacciato Otis, sedicenne affetto da sessuofobia. Paradossale come cosa giacché sua madre è Gillian Anderson, l’agente Scully che in Sex Education accantona i file ad una X per prendere tra le mani quelli a tre X. Una sessuologa molto particolare nei modi che tende ad analizzare tutto ciò che le circonda.

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Come è possibile che il figlio di un’analista sia così pieno di complessi? Strano a dirsi, o forse no. Nel frattempo, nel loro college in stile americano, insieme al suo amico Eric ed all’emarginata Maeve, Otis mette su una clinica del sesso per aiutare i suoi coetanei a superare determinate problematiche e fare qualche soldo. Perché se sai fare una cosa, non farla mai gratis. In poche righe, la surreale e paradossale trama principale è piuttosto semplice. Uun adolescente vergine e al limite della sociopatia che aiuta i suoi coetanei a risolvere i problemi legati al sesso ed all’accettazione del proprio corpo. Grazie alle nozioni apprese da mamma Jean che non perde mai occasione di entrare a piedi uniti nella vita del figlio eccessivamente timido ed intimorito.

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Ovviamente, Sex Education mantiene quei determinati canoni narrativi propri di ogni teen drama ma si distacca rispetto agli altri per il suo essere profondamente esplicito.

Sia nelle immagini, sia nel linguaggio. Tutto ciò che viene considerato tabù, si rompe inesorabilmente. Per cui si ascolteranno parolacce, si potranno osservare da vicino peni e vagine di ogni forma e genere. A compensare questo “turpiloquio audiovisivo”, troviamo però una fotografia ed la regia ricercata di Ben Taylor, fatta di colori accesi a contrastare il grigiume britannico e inquadrature speculari ed ordinate.

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>Oltre al curato aspetto tecnico, le sottotrame diventano colonna portante di questa serie. Si parlerà di bullismo, di omosessualità repressa e di quella piaga recente che risponde al nome di slut shaming con il suo strascico di pubblica gogna 2.0 che si porta dietro con sé. L’errore di fidarsi della persona sbagliata ed inviare una foto potenzialmente compromettente a cui seguiranno minacce di pubblicazione, il coraggio di essere sé stessi e fare coming out e infine il rapporto genitoriale.

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Sex Education è un grandissimo calderone dove vengono racchiusi e posizionati in maniera ordinata tutti i tipici problemi adolescenziali, senza mai scadere nella retorica o nelle facilonerie tipiche del genere. Non da meno, Sex Education è la risposta (o la richiesta) a quello che gli adolescenti vogliono e devono sapere. Piccola pecca, che speriamo venga risolta in un’eventuale seconda stagione, l’assenza delle MST, le malattie sessualmente trasmissibili. Discorso fondamentale che va necessariamente discusso laddove si parli di sessualità adolescenziale, la cui assenza potrebbe far storcere il naso.

Tuttavia, Sex Education rimane comunque una buonissima serie che dimostra la genialità inglese nel saper scrivere e descrivere determinate dinamiche collaterali, quali amicizia e amore, tenendosi sempre ben ancorati alla sessualità in ogni sua forma. Il tutto arricchito da un particolare “happy ending”.

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