I Sigur Rós e l’importanza dei testi

Sigur Rós
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Una canzone ha davvero bisogno di un bel testo per trasmettere qualcosa? Proviamo a rispondere con i Sigur Rós

( ), anche noto come Svigaplatan (“abum delle parentesi“), è il secondo LP in studio del gruppo post-rock islandese Sigur Rós. Le otto tracce, tutte senza titolo, si separano a metà dividendo il disco in due distinte parti in base al “mood” (simboleggiate, per l’appunto, dalle parentesi opposte).

La sua particolarità è quella di essere interamente scritto in Vonlenska (“lingua della speranza“), una lingua immaginaria creata appositamente dal cantante dei Sigur Rós, Jónsi. Il Vonlenska non ha né un vocabolario, né una sua grammatica, ma consiste nel legare sillabe inventate in base al loro suono e al rapporto che possono avere con le parti strumentali di ogni canzone. In ( ), dunque, la voce diventa uno strumento aggiunto.

A questo punto sorge spontaneo domandarsi a cosa serva davvero un testo? Non dovrebbe bastare solo la musica (da qui in avanti per “musica” si intenderà solo la musica strumentale o priva di testi) per farci “viaggiare“, sognare e per trasmetterci sensazioni, emozioni? Non è proprio la musica che riesce a spiegare quello che non si può con le parole?

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A questa domanda, tuttavia, non c’è una risposta sempre valida, vediamo il perché…

La storia ci insegna che è la musica ad essere nata come accompagnamento per le parole (mi riferisco ai cantori dell’Antica Grecia) e non il contrario, ma, come tutte le cose, ha avuto un suo percorso di evoluzione che ha portato alla nascita di diversi generi e sottogeneri, alcuni dei quali si sono liberati completamente della componente poetica (post-rock, elettronica, ambient…), mentre altri ancora fanno di quest’ultima la loro colonna portante (punk, folk, rap, hip-hop…).

In generale, la musica, in quanto arte, provoca una reazione spontanea nell’ascoltatore. I testi dovrebbero avere la funzione di amplificare questa reazione oppure di indirizzare l’ascoltatore verso un particolare tema. Non sempre, infatti, le parole e il significato di una canzone corrispondono ai toni utilizzati, pensate ad esempio ad un qualsiasi brano degli Smiths o dei Joy Division, le cui discografie sono colme di testi tristi, malinconici, ma cuciti su canzoni up-tempo, molto ritmate, in chiavi maggiori anziché minori.

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Inoltre, la musica, da sola, non può portarti a riflettere su specifiche tematiche come la guerra, la politica, la libertà, e via dicendo. Immaginate una canzone rap o folk senza testo, che cosa ne resta? Un semplicissimo beat, o quattro accordi, spogliati magari della voglia di ribellarsi, di protestare o, ancora, di raccontare qualcosa.

Questo per dire che le parole hanno sì una loro rilevanza, ma sta poi all’artista decidere se “parlare troppo” o lasciare l’interpretazione all’ascoltatore, proprio come in un libro o in un film il cui finale non è certo o espresso chiaramente.

Proviamo, adesso, a riformulare la domanda di partenza:
Una canzone ha davvero bisogno di un bel testo per trasmettere un’emozione?
No.
Una canzone ha davvero bisogno di un bel testo per trasmettere un messaggio?
Sì.

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