Grazie all’invito di Sky Atlantic all’anteprima ufficiale, abbiamo visionato i primi due episodi della terza stagione di True Detective: un successo annunciato.
La terza stagione di True Detective lancia delle premesse piĂą che accattivanti. Pizzolatto è tornato con un terzo capitolo, dove ha deciso di ritornare allo stile della prima stagione non dimenticando però la seconda. Lo spettacolo è in parte semplificato, lasciando l’attenzione su un unico tormentato, il detective Wayne Hays (Mahershala Ali), impegnato nel ritrovamento di due ragazzini scomparsi nell’Arkansas. Diversi elementi che hanno reso la prima stagione un classico ritornano prepotentemente in questo terzo appuntamento, in particolare tre linee temporali mutevoli e un’atmosfera mistica dalla periferia americana. Da un primo sguardo si direbbe che non solo le cita abilmente, ma le migliora donandogli nuova linfa.
Siamo nel 1980, due ragazzini nell’Arkansas escono come un altro milione di volte a giocare in bicicletta, ma questa volta non tornano a casa. Il detective Hays, un ex soldato della guerra in Vietnam, ha il compito di ritrovarli. I genitori, Tom (Scoot McNairy) e Lucy (Mamie Gummer), sono gli spettatori di un matrimonio spezzato e ormai senza senso, troppo impegnati ad incolparsi a vicenda per dare un aiuto concreto alle indagini. Per questo Wayne è accompagnato dal suo burbero partner, Roland West (Stephen Dorff), e troverĂ un preziosissimo alleato, e anche qualcosa di piĂą, nell’insegnante dei bambini scomparsi, Amelia Reardon (Carmen Ejogo).
Nel 1990 il caso viene riaperto, affiorano nuove prove e Wayne sembra turbato ed ossessionato da questo caso. Amelia è diventata una vera esperta di crimini e sta scrivendo un romanzo sulla storia sparizioni. Ma c’è addirittura un terzo salto temporale fino al 2015. Wayne è un anziano consumato dai ricordi e dal suo lavoro, soffre di demenza senile e sta cercando di rimettere insieme i pezzi del caso per un’intervista sui bambini scomparsi. Interessante, sfrontato e geniale il passaggio di testimone tra questi momenti.
Ali rompe la quarta parete sorprendendoci e mettendo al centro della narrazione i suoi ricordi e il tempo; protagonisti che fin dall’inizio appaiono tanto fondamentali quanto il caso.
Pizzolatto usa queste bellissime trovate per sorprenderci e immedesimarci nel detective del presente: un povero vecchio dai ricordi annebbiati ma molto risoluto. Ali è fenomenale nel trasmettere una profonda cortina di confusione che cresce intorno a Wayne con il passare degli anni. La pressione che il caso porta sulla comunità e sulle spalle di Hays è molto presente già nei primi due episodi, riportando ad un tema che ha accompagnato questa serie. True Detective ha sempre parlato dei modi in cui le classe sociali influenzino la giustizia, ma il Detective Hays e Detective West riescono con degli ottimi dialoghi ad andare oltre a quello a cui lo show ci ha abituato.
In pieno stile True Detective troviamo la fotografia e il suo accompagnamento sonoro. Le lunghe scene dei detective che rintracciano gli indizi avanzano lentamente, accompagnate da colori spenti e dalla qualitĂ emotiva che trasmettono i volti dei suoi attori. C’è anche un altro elemento che accompagna i detective nell’indagine e che non può essere ignorato: il suono. Tra una colonna sonora di grande spessore e degli effetti sonori sensazionali ci siamo noi, immersi totalmente nei campi dell’Arkansas e nei suoi tetri boschi, in un’atmosfera cupa e perfetta . Il caso stesso dei bambini scomparsi, è sufficientemente avvincente da portare un elemento di mistero che non deluderĂ i fan della prima stagione. Questi sono tutti elementi che ci si deve aspettare da uno spettacolo di questo livello, ma che siamo felici di aver trovato. Se queste sono le premesse, ci attende una grande stagione.