Il 2018 è appena passato ed è tempo di fare bilanci. Ecco a voi i migliori prodotti televisivi del 2018! Serie tv, miniserie e film per la televisione.
Patrick Melrose è certamente una delle più piacevoli sorprese nel 2018 televisivo. Sky firma un adattamento dei romanzi di Edward St Aubyn con protagonista un ottimo Benedict Cumberbatch. L’attore britannico, reduce da uno dei migliori Sherlock Holmes mai interpretati, ci viene mostrato già nei primi secondi della prima puntata quando – appena iniettatosi eroina – gioisce alla notizia della morte del padre.
Patrick Melrose è un personaggio completo e complesso: un uomo di grande intelligenza con un passato difficile e problemi affettivi e di tossicodipendenza. La morte di suo padre David scuote la sua routine fatta di ozio e droga, Patrick è costretto al cospetto della bara del padre a fare i conti con il suo triste passato per provare ad andare avanti.
Grazie ad un’ottima sceneggiatura i cinque episodi (ognuno porta il titolo dei cinque libri della saga di St Aubyn) sono un continuo rimando tra gli anni ’60, periodo dell’infanzia di Patrick e il 2005, termine ultimo della storia basata su flashback e ricordi.
Punto di forza della miniserie è certamente l’ambientazione, sempre fedele e minuziosa, ma soprattutto il personaggio di Patrick: ironico, sprezzante e soprattutto vulnerabile. Benedict Cumberbatch rende possibile la mimesis nel personaggio grazie ad un’ottima prova attoriale. Il viaggio nella psiche di Patrick Melrose è coinvolgente e incredibilmente realistico, nonostante molti spettatori potrebbero non apprezzare il ritmo narrativo delle puntate centrali.
Nonostante la miniserie sia una storia di una tragedia umana e familiare consumatasi tra le mura domestiche, Patrick Melrose riesce ad essere anche simbolo dei nati negli anni ’60. Uomini e donne che hanno affrontato uno dei periodi più densi della storia mondiale e che nel XXI secolo soffrono di una forte crisi d’identità. Plauso anche alla colonna sonora che contiene brani iconici quali London Calling dei Clash e Summertime di Janis Joplin per circa 5 ore di coinvolgente girato.
(a cura di Matteo Squillante)
2) Mosaic
Mosaic è un giallo d’autore complesso e ben strutturato che ha dalla sua parte un’ottima regia –come ovvio che sia quando si parla di Steven Soderbergh– e una formidabile Sharon Stone, a proprio agio in uno dei migliori ruoli della sua carriera. Purtroppo, su Mosaic, lo spettatore che non vive in nordamerica ha un grosso rammarico: quello di non aver recepito del tutto l’idea e il progetto innovativo di Soderbergh.
Difatti, il noto regista ha concepito Mosaic come uno show che avanzasse su due vie concettuali e due mezzi tecnologici differenti. Il primo livello di sviluppo della serie consiste nel voler creare un giallo interattivo in cui lo spettatore possa partecipare attivamente alle indagini. Per dare vita a tale idea, Soderbergh ha creato un’app che permettesse all’utente di interagire con la storia, rilasciata pochi giorni prima della messa in onda della miniserie sull’HBO.
“Mosaic è simile a un film interattivo; sebbene l’utente non possa influenzare la trama, può scegliere da quale prospettiva viene visualizzata la stessa e apprendere differenti sfaccettature di essa. Gli utenti possono anche indagare sui propri documenti in background, email, ritagli di notizie, caselle vocali, rapporti di polizia e simili nella opzione ‘Scoperte'”
Converrete con noi che, soprattutto per un giallo, questa non solo è un’idea brillante ma anche estremamente divertente, vale a dire un’evoluzione ulteriore del giallo deduttivo che, se per definizione già dona allo spettatore/lettore elementi per poter indagare personalmente, in questo caso, oltre agli strumenti classici, dona anche del materiale necessario all’indagine e diversi punti di vista, permettendo, così, di avere un quadro ampio e realistico di ciò che si sta guardando: un Cluedo 2.0, insomma.
La seconda via, concettuale e tecnologica, pensata dal regista passa attraverso un mezzo diverso, ovvero la televisione. Mosaic oltre ad essere stato pensato come gioco interattivo è anche una miniserie, il cui contenuto è sostanzialmente quello che troviamo nell’app, con il difetto, però, che senza quest’ultimo, con i suoi file e documenti, risulta un ottimo giallo e niente più. Mosaic la miniserie non può vivere senza Mosaic il videogioco, pena la perdita di originalità.
In conclusione, abbiamo inserito Mosaic nella nostra top più per quello che sarebbe dovuto essere che per quello che realmente è. Vedetelo, godetevi un giallo d’autore ed incrociate le dita per il futuro: Soderbergh ha in mente altri due progetti basati su queste premesse, sperando che le esporti totalmente anche al di fuori del nordamerica.
Potete guardare tutti gli episodi di Mosaic su Sky Atlantic.
(a cura di Luca Varriale)
3) Sharp Objects
Camille Preaker (Amy Adams) è una giornalista di cronaca nera che ha problemi personali, tra cui una dipendenza dall’alcool. Quando uno scottante caso di cronaca, riguardante un assassino che rapisce ed uccide ragazzine, sta avvendendo proprio nel suo paese d’origine (Wind Gap) il suo capo non esita a mandarla sul posto. Questo ritorno non programmato aprirà vecchie ferite presenti nella vita di Camille, una su tutte il rapporto travagliato con sua madre Adora (Patricia Clarkson), che ricopre una posizione rilevante nella cittadina. Rincontrerà anche la sua sorellastra Amma, ormai cresciuta e sarà un’occasione per consolidare il rapporto perso. Se Camille è a Wind Gap per scrivere un articolo dettagliato, la polizia sta indagando sugli omicidi e le denunce di scomparsa, sul posto infatti viene inviato da Kansas City il detective Richard Willis, per offrire un ulteriore aiuto alle indagini. Ma l’oscuro passato di Camille è dietro l’angolo, e tornare nei luoghi d’infanzia non aiuta, come se non bastasse il rapporto morboso e malato con sua madre peggiora la situazione. Camille infatti è letteralmente scappata da Wind Gap per salvarsi, ed è caduta in un vortice di autodistruzione che ha lasciato segni su di lei, letteralmente.
La serie prosegue impetuosa con le indagini, la storia di Camille e c’è persino spazio per una storia d’amore. Un ottimo prodotto che sa come intrattenere, senza però scadere in espedienti scontati. Sharp Objects appassiona episodio dopo episodio, con numerosi sottotesti ed argomenti complessi, primo su tutti l’orrore e la sofferenza che genera una patologia come l’autolesionismo, e la scia di dolore che lascia dietro di sé. Il cast è ben assortito anche se spicca in primo piano per la sua indiscutibile bravura Amy Adams nel ruolo di Camille, con una parte che sembra ritagliata apposta per lei, sia sul piano fisico che caratteriale. Inoltre menzione d’obbligo anche per Patricia Clarkson, nel ruolo della gelida Adora, che riesce a rendere completamente l’indole di una madre che ferisce, il più delle volte senza neanche rendersene conto. Sharp Objects ricama sui rapporti malati, sull’autolesionismo e omicidi cruenti ed anche se potrà sembrare troppo intensa ne raccomandiamo la visione perché è una serie superlativa, a cui non si può rimproverare nulla, e non è poco.
Troverete Sharp Objects su Sky Atlantic e se volete saperne di più, ecco la nostra recensione.
(a cura di Francesca Moretti)
4) Maniac
Debuttata a settembre su Netflix, è diventata in brevissimo tempo una delle più amate serie del 2018. Con Cary Fukunaga (True Detective) alla guida, la serie esplora i meandri più oscuri della nostra psiche, attraverso sogni, fantasia e realtà. Grazie alla strepitosa performance degli attori protagonisti, Jonah Hill ed Emma Stone, siamo subito immedesimati nei due protagonisti.
Hill è lo schizofrenico Owen, esiliato dalla sua ricca famiglia e la Stone è la disadattata, depressa e drogata Annie.
Attraverso l’esperimento farmacologico a cui si sono iscritti, riusciranno a ritrovare se stessi. Scopriranno così una parte di loro che non avevano mai conosciuto, arrivando finalmente all’origine dei loro problemi e, forse, superandoli.
Un serie breve ma magnifica, introspettiva, costruita quasi alla perfezione, in cui vediamo un universo stupendo e vario, attraverso epoche e generi letterari diversi, dal fantasy al gangster movie.
E’ ciò che è ancora più spettacolare è la capacità con cui mentre la serie analizza la mente del personaggio allo stesso modo stimola la mente dello spettatore, grazie a eventi inaspettati e apparentemente illogici.
Non è una serie da binge-watching, parte con calma e deve essere apprezzata puntata dopo puntata, con una particolare pazienza ed attenzione, ma ripaga immensamente.
Per saperne di più su Maniac, ecco la nostra recensione.
(a cura di Dafne Vicario)
5) Trust
John Paul Getty III, è l’erede dell’impero petrolifero della Getty Oil e nel 1973 viene rapito dalla ‘Ndrangheta a Roma. I sequestratori confidano nel pagamento di un profumato riscatto da parte della famiglia, che però John Paul Getty, nonno di Paul, sembra poco propenso a concedere. Neanche il padre del ragazzo, trovandosi a Londra in uno stato confusionale, interviene. La sola a lottare per Paul è la madre Gail, determinata ma senza un soldo, unico ago della bilancia tra una famiglia difficile e i rapitori.
Quello firmato da Simon Beaufoy e Danny Boyle, non è il biopic freddo e didascalico a cui ci hanno abituato molti prodotti del genere. Trust– uscita in Italia su Sky Atlantic lo scorso gennaio – parte dal fatto di cronaca più discusso degli ultimi cinquant’anni, e vi innesta il racconto e la rappresentazione delle emozioni umane più differenti. Passando dalla quasi totale assenza di emozioni, nel caso di John Paul Getty, fondatore della Getty Oil Company, uomo cinico e avido; alla vitalità e frenesia che caratterizza la vita del protagonista, l’hippie sognatore John Paul Getty III; fino alla resa straordinaria del dolore materno di Gail. L’universo psicologico dei protagonisti è attraversato e raccontato in tutte le sue sfaccettature, senza dimenticare la caratterizzazione dei personaggi secondari o dei mafiosi, di cui è raccontato il destino fino alla fine.
Ma questo non è l’unico punto di forza della serie. Trust è, inaspettatamente, divertente. E lo stesso regista, Boyle, deve essersi divertito nel girarla, a giudicare dalle visioni psichedeliche, sgargianti e originali, presenti nella serie. Il tutto è accompagnato da una coinvolgente colonna sonora che ci catapulta nell’atmosfera degli anni ’70, tra cantautorato italiano e rock psichedelico. Ogni episodio ha notevoli picchi di stile, che contribuiscono a rendere “di qualità” la serie, riuscita anche grazie alla straordinaria interpretazione di volti noti del cinema internazionale – su tutti emergono Donald Sutherland e Hilary Swank – e non. Una menzione particolare merita infatti anche il nostro Luca Marinelli, nei panni del mafioso Primo, tra i personaggi più incisivi della serie.
(a cura di Valentina Giua)
6) American Crime Story: l’assassinio di Gianni Versace
American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace rappresenta il secondo capitolo della serie antologica prodotta da Ryan Murphy, e dedicata ai casi giudiziari o di cronaca nera, che hanno fatto la storia degli Stati Uniti d’America. Mentre la prima stagione raccontava le vicende del controverso caso O.J. Simpson, il secondo capitolo ci catapulta a Miami, nell’estate del 1997. Lo stilista italiano Gianni Versace viene assassinato con due colpi di pistola davanti alla propria abitazione di Miami Beach, gettando nello sconforto la propria famiglia, gli amici e tutto il mondo della moda. Principale ed unico sospettato di questo efferato omicidio è Andrew Cunanan (Darren Criss), un giovane e attraente ragazzo omosessuale che è solito adescare ricchi uomini d’affari, con l’obiettivo di farsi mantenere. Inizia una vera e propria caccia all’uomo…
Eguagliare il livello pazzesco della prima stagione era praticamente impossibile, ma la qualità della recitazione resta altissima grazie a un Darren Crisssorprendente, ipnotico, e pressoché perfetto. American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace si è aggiudicata tutti i principali premi di categoria, dagli Emmys ai Golden Globes, il che la annovera di diritto tra i migliori prodotti usciti nel 2018.
American Crime Story viene trasmesso in Italia su Fox Crime.
(a cura di Andrea Terenzi)
7) Escape at Dannemora
Escape at Dannemora è una miniserie basata su fatti realmente accaduti che narra la storia di una fuga dalla prigione Donnemora situata nella contea di Clinton nello stato di New York, nel 2015. Due assassini, Richard Matt e David Sweat evadono dal carcere con l’aiuto di Tilly Mitchell, una dipendente del penitenziario.
Se già vi ha convinti il plot aspettate di sentire i nomi illustri che hanno partecipato alla realizzazione di questa miniserie prodotta da Showtime e trasmessa in Italia da Sky Atlantic. Escape at Dannemora beneficia di un cast stellare composto da Patricia Arquette, Benicio Del Toro e Paul Dano, mentre alla regia troviamo Ben Stiller, alla sua prima esperienza in televisione dietro la macchina da presa. Il risultato di questo magnifico team è una miniserie d’autore che fa delle interpretazioni la sua arma vincente. Spicca su tutte la prova di una trasformista Patricia Arquette, vincente agli ultimi Golden Globes nella categoria miglior attrice in una miniserie o film per la televisione.
Escape at Dannemora è pertanto un prodotto che fa della qualità la sua “ossessione”, e nonostante risulti impegnativa in alcuni punti riesce a farsi apprezzare per il suo essere alta televisione. Una miniserie che non potete perdere se amate l’arte del piccolo schermo.
Siamo giunti alla conclusione, care scimmiette, della nostra top I migliori prodotti televisivi del 2018, ma prima di lasciarvi andare vorremmo darvi due nomi per la panchina, nel caso aveste già terminato la nostra lunga lista. Parliamo di The Alienist, ottimo giallo in costume targato Netflix con protagonisti Daniel Bruhl, Luke Evans e Dakota Fanning (qui la nostra recensione); e di A Very English Scandal, miniserie da tre episodi che ci racconta dello scandalo che travolse Jeremy Thorpe, un parlamentare inglese che negli anni ’70 fu accusato di atti omosessuali, all’epoca illegali. A dare vita al politico britannico c’è un bravissimo Hugh Grant.
(a cura di Luca Varriale)
E con questo è tutto scimmiette, appuntamento all’anno prossimo con i migliori prodotti televisivi del 2019!
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