La Madre dei Sospiri è tornata insieme a Guadagnino: senza Tovoli ma con Fassbinder

"Tremate, tremate, le streghe son tornate".

Suspiria di Guadagnino
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Prima di iniziare ogni commento al Suspiria di Guadagnino, è doveroso fare una specifica a dir poco importante per chiunque deciderà di andare a vedere il film: questo Suspiria non ha nulla a che vedere con il Suspiria di Dario Argento. Due film completamente opposti per forma, contenuto e soprattutto stile. Il film argentiano viene completamente accantonato per far spazio a tutt’altro. Non c’è ferocia, c’è tanto grigiume. Quell’impatto visivo tipico dei film di Fassbinder nella sua Germania a tratti monolitica. Perché, e questo si è capito, a Guadagnino piace attingere molto da quelli che presumibilmente sono i suoi maestri, le sue ispirazioni. Era accaduto con Chiamami Col Tuo Nome e Rohmer, accade con Suspiria e Fassbinder. E ovviamente Dario Argento.

Questo Suspiria era un film che lui voleva fare dal giorno in cui, giovanissimo, uscì dal cinema che proiettava l’omonimo capolavoro argentiano. Dopo tanto tempo, diluito ancor di più a causa di Thom Yorke per la composizione della bellissima colonna sonora, ci è riuscito. Ed il risultato non lascerà indifferenti. Suspiria di Guadagnino lo si amerà, lo si odierà ma non potrà certo lasciare nulla in chi assisterà a questo film. Il criticato regista palermitano si è armato di tutto il coraggio esistente per creare una storia del tutto differente, con Dakota Johnson che accantona i frustini delle sfumature e inzia a danzare nei panni di Susie Bannion. Non c’è più però il balletto classico ma una danza contemporanea popolare, denominata Volk (“popolo” in tedesco).

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Suspiria di Guadagnino

Poco dopo essersi insediata nell’accademia della Berlino divisa dal muro e con il terrorismo targato RAF che dilagava, Susie rapisce subito gli occhi di Madame Blanc, una perfetta Tilda Swinton. Perfetta come sembra essere la stessa Susie secondo la congrega di streghe presente nell’accademia. Per cosa, non lo sveleremo. Tanto dovrebbe bastare per far capire che la trama del Suspiria di Guadagnino è completamente differente rispetto all’originale. Riprende pochissime cose ma solamente per reinterpretarle e dare una personale lettura di un film che è praticamente Storia, quella con la esse maiuscola. E va sicuramente premiato questo coraggio perché molto spesso ci si brucia se si vuole volare verso il sole. E a Guadagnino arriva solamente qualche leggera scottatura.

 

Questo Suspiria non è affatto esente da difetti e probabilmente non avrà mai l’impatto che riuscì ad avere l’originale. Ciò non lo rende in alcun modo un brutto film. Nonostante alcuni momenti che causano forte imbarazzo, come alcune inutili dissolvenze o molesti close-up o ancora le eccessive diluzioni, c’è davvero tanto che merita una menzione speciale. A partire dal morboso utilizzo del grandangolo che amplifica la sensazione claustrofobica del film. I momenti onirici, che quasi rasentano la videoarte, sono parti che costringeranno lo spettatore a stringere i braccioli della poltrona. Così come dovranno astenersi le persone facilmente impressionabili durante la prima morte del film grazie (o a causa) di un montaggio pressoché perfetto e da pelle d’oca. Ed è qui che inizia a diramarsi il ragionamento insito nel Suspiria di Guadagnino.

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Suspiria di Guadagnino

Oltre a giocare su una costante ricerca di identità “in ottica lacaniana“, come suggerisce il breve dialogo tra il dottor Kemplerer ed un uomo incontrato sull’uscio del suo palazzo, Suspiria di Guadagnino parla della manipolazione psico-corporale messa in atto da Madame Blanc e le sue allieve. Susie si apre e dona tutta sé stessa per la danza e forse anche per compiacere Madame Blanc. Accetta la manipolazione ed il suo corpo diventerà perfetto, a differenza di chi invece la rifiuta, come Olga. Chi accetta, vive; chi rifiuta, muore. E muore ripudiando il suo corpo, brutalmente modificato. Tutto questo ci accompagnerà fino alla summa del film, l’atto finale, lo psichedelico e grottesco Sabba finale che darà pieno completamento alla danza in un’accezione prettamente arcaica: il ballo come strumento propiziatorio ed evocativo.

Il Suspiria di Guadagnino presta il suo danzante fianco a moltissimi spunti di carattere analitico che trascendono ogni giudizio critico. Come detto e ripetuto, questo film va premiato moltissimo per il coraggio e l’evidente passione che il regista ci ha messo e nonostante i momenti pretenziosi ed irritanti. Alcune sequenze da sole valgono il prezzo del biglietto. Lo si amerà, lo si odierà. Poco importa. È un film che deve essere visto senza alcun preconcetto o, peggio ancora, aggrappati all’idea di vedere qualcosa di Dario Argento. Ogni paragone sarebbe completamente scriteriato e privo di senso perché Guadagnino non è Argento. E viceversa.