10 artisti contemporanei che provano che il rock non è morto

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6. Ty Segall

Ty Segall è un geniale bluesman americano di cui vi abbiamo parlato molte volte. Uno dei protagonisti underground del 2018, è un artista instancabile, che passa dal garage al blues per arrivare fino all’hardcore punk. Moltissimi i suoi side-project, e incessante la sua attività discografica. Il suo pezzo che abbiamo scelto per voi è Diversion, dall’album Emotional Mugger del 2016. Se vi piace, gioite perché dal 2008 quest’uomo straordinario ha pubblicato già tredici album, e senza contare tutti i progetti paralleli.

https://open.spotify.com/track/2O1v2SmG9reGXnWAjzlwBW

7. Wolf Alice

Capitanati dalla scatenata Ellie Rowsell, i Wolf Alice sono dapprima saliti alla ribalta con il singolo Moaning Lisa Smile del 2014. Da lì, il successo è cresciuto ed ha portato a due ottimi album, l’ultimo dei quali, Visions of Life, è uscito nel 2017. Anche i Wolf Alice propongono un misto di indie rock e revival anni ’90, con molti accenti garage e chitarre distorte, riff e suoni belli pieni e potenti. Tutto quello che si può volere da un gruppo rock.

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https://open.spotify.com/track/60Q3VUSSy2H6UcKnXQMQNW

8. The Struts

Siete nostalgici inguaribili degli anni ’70? Amate i Queen, i Kiss, i T. Rex, i Thin Lizzy? Allora gli Struts fanno per voi. Come i Darkness nello scorso decennio, gli Struts ricostruiscono precisamente l’estetica e il suono di quell’epoca d’oro, rifacendosi ai gruppi classici sopra citati e ad altri ancora. E lo fanno bene, con tutta l’energia di una band giovane e con la voce e il carisma del cantante Luke Spiller.

https://open.spotify.com/track/3Zm5SMUA3JH98Aty7Zc0xr

9. Greta Van Fleet

Sì, è vero, lo sappiamo: i Greta Van Fleet sono i Led Zeppelin, pari pari. D’accordo. Ma se, diciamo, appartenete anche qui a quella categoria dei nostalgici degli anni ’70, una volta consumata tutta la discografia dei Led Zeppelin, quella dei Soundgarden e quella dei Wolfmother, potete tranquillamente darvi ai Greta. C’è da dire che da una parte il suono è perfettamente derivativo, troppo ripetitivo per regalare emozioni agli ascoltatori più giovani che già conoscono il rock classico. Dall’altro i ragazzi ci sanno fare, a livello tecnico sicuramente, e a livello stilistico ci sono buone possibilità di miglioramento. Insomma, teniamoli d’occhio.

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https://open.spotify.com/track/2ZMI0QNoqU9fQZFirR9WpK

10. King Gizzard & the Lizard Wizard

Un complesso australiano enorme, in tutti i sensi, che conta innumerevoli componenti sotto la guida del carismatico Stu Mackenzie. Emerso dalle nebbie dell’underground nel 2012, il gruppo ha da allora pubblicato 13 album. Sì, avete capito bene: tredici album in sei anni, dei quali cinque nel solo 2017. Qui c’è davvero di tutto: garage rock, progressive rock, psychedelic rock, folk rok, experimental rock. Buona parte degli album dei King Gizzard sono dei concept costruiti su storie scritte appositamente. Altri sono esperimenti volutamente fuori luogo: è il caso di Sketches of Brunswick East (2017) che è un album jazz. Oppure di Quarters! (2015) disco diviso in quattro canzoni dalla durata di esattamente 10 minuti e 10 secondi l’una. Se vi piace il prog e vi manca la semplicità dell’era delle chitarre elettriche, i King Gizzard sono la scelta giusta.

https://open.spotify.com/track/3RhMZKNHbZObkA44TBlm1b

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