“Molto meglio il libro”. Quante volte abbiamo sentito un lettore/spettatore insoddisfatto pronunciare queste parole? Infinite!
Le sensazioni che un libro regala sono difficili da ritrovare nei film; così spesso le trasposizioni cinematografiche finiscono per deludere le aspettative di chi ha amato il testo scritto.
Tuttavia, e per fortuna, esistono delle straordinarie eccezioni che “confermano” la regola. Tra i casi più eclatanti un classico come Il Padrino di Francis Ford Coppola, ma anche Il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick e IlPetroliere di Paul Thomas Anderson.
Un altro film che ha avuto un grande successo di pubblico è Into The Wild, scritto e diretto da Sean Penn. Il libro da cui è tratto, invece, non ha sempre lasciato entusiasti i fan del film.
Nelle terre estreme, di Jon Krakauer, racconta la storia vera di Christopher Johnson McCandless, un «viaggiatore esteta che ha per casa la strada», come amava definirsi, tragicamente morto nel suo viaggio ai confini della società civilizzata, nelle terre estreme dell’Alaska.
Accanto al corpo senza vita del ragazzo, nel bus abbandonato in cui ha trascorso gli ultimi giorni di vita, è stato ritrovato il suo diario, che ha permesso di ricostruirne la storia.
Ci sono molti modi per affrontare la narrazione di una storia così tragica e significativa.
Sean Penn ha scelto la via più poetica e idealizzante, tipica del cinema, mentre Jon Krakauer quella più cruda e realistica. E, al di là dei diversi filtri usati per “fotografare” la vita di Christopher, le due opere si differenziano anche per le scelte narrative.
Lo scrittore è stato accusato di eccessiva freddezza nel racconto, che assume i caratteri del reportage giornalistico. Un approccio che ha forse determinato il maggiore successo del film. Ma anche il fatto che Penn abbia deciso di tagliare alcuni passaggi del libro, che avrebbero stonato con l’atmosfera evocativa del film.
Nel 2007 la storia del ragazzo ha ispirato anche un documentario di Ron Lamothe dal titolo The Call of the Wild. Lamothe, e questo è elemento di grande interesse, smentisce alcuni aspetti del libro di Krakauer e del film di Penn, di fatto riaprendo il discorso.
Di recente, il libro di memorie della sorella di Christopher, Into the Wild Truth, ha svelato i motivi reali che hanno spinto il ragazzo ad allontanarsi dalla famigliae da quella crazy breed (razza folle) che è la società.
Quali sono dunque le cose che Into The Wild non racconta?
Into the Wild Truth ci dà la possibilità di guardare la vicenda da una prospettiva inedita e di aggiungere tragici particolari a una storia che già conosciamo, ma solo in parte.
Infatti il film cult di Penn, per esplicita richiesta della famiglia McCandless, tralascia molto della vera storia di Christopher. Nel 2014 la sorella Carine, stanca delle bugie sulla vita del fratello e sulla sua morte, ha deciso di dare la propria interpretazione della vicenda.
“Molti ammiravano Chris per il suo coraggio e i suoi principi trascendentali, la sua generosità di cuore, la sua volontà di liberarsi di ogni bene materiale per intraprendere il cammino verso un’esistenza pura erano per loro fonte di ispirazione.
Altri invece lo reputavano un idiota e gli rimproveravano un comportamento che consideravano ottuso e irresponsabile. Altri ancora si convinsero che mio fratello era mentalmente instabile e che fosse entrato nelle terre estreme senza l’intenzione di uscirne.“
Dal ritratto spietato, senza filtri, che Carine ci offre, emergono verità scioccanti sulla famiglia McCandless. Lei racconta come dietro la facciata di perbenismo si celasse una realtà violenta e opprimente. Liti furibonde, minacce e intimidazioni, compensate da viaggi, benessere e lampi d’affetto che ogni volta riaccendevano la speranza nei figli.
“I nostri genitori ci ferivano in continuazione, ma restavano i nostri genitori. Avevamo bisogno di credere che quei momenti di calore fossero l’espressione autentica della loro natura e non solo una piccola parte dello spettacolo che mettevano su.“
Un elemento che viene fuori dal film di Penn, ma più come elemento di contorno.
Al centro del racconto autobiografico di Carine troviamo la vera storia del fratello.
Vengono smentiti i cliché su di lui: non un outsider sociopatico ma un ragazzo alla ricerca del suo posto nel mondo. Si fa luce soprattutto sulle cause reali della morte. Dubbi e speculazioni sull’argomento, sono sorti fin dalla prima pubblicazione del libro.
Inizialmente si era parlato di avvelenamento. Krakauer, non aveva mai creduto all’ipotesi della malnutrizione, nonostante al momento della morte il corpo di McCandless pesasse circa 30 chili. Ciò ha dato adito a dicerie su un volontario suicidio da parte del ragazzo, che si sarebbe lasciato letteralmente morire di fame.
La nota trovata nel suo diario però dimostra la volontà di lottare fino alla fine e anche la richiesta disperata di aiuto. Il 30 luglio, poco prima di morire Chris scriveva: «Estremamente debole. Colpa dei semi di patate. Gran difficoltà a reggermi in piedi. HO FAME.»
“Troppi, parlando di lui, sono ricorsi al cliché del trovare se stesso: ma Chris sapeva bene chi era. Credo che alla fine volesse semplicemente trovare il suo posto nel mondo, un posto nella società che gli permettesse di rimanere fedele a se stesso.” (Carine McCandless)