Crisi di identità – 10 grandi film sullo sdoppiamento della personalità

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Il tema del doppio nasce insieme al cinema stesso e si è evoluto grazie a quest’ultimo, attraverso giochi illusori e trattati filosofici.

La crisi d’identità, e il tema del doppio, è un argomento che da sempre ha affascinato l’essere umano, ma che ha trovato il suo massimo splendore da metà Ottocento in poi, anche grazie ad artisti, filosofi e autori come Sigmund Freud, Luigi Pirandello, Carl Gustav Jung, Robert Louis Stevenson, Oscar Wilde, Francis Bacon e molti altri. Oggi vi proponiamo quindi, 10 grandi film sullo sdoppiamento della personalità.

1) Persona – Ingmar Bergman (1966)

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Crisi di identità – 10 grandi film sullo sdoppiamento della personalità

Un film viscerale, fatto di contrasti, di lotte interne e di urli silenziosi, quasi soffocati, causati da un’esistenza che ci porta prima in frantumi ed infine all’autodistruzione.

La pellicola si apre all’interno di una macchina da presa e quello che essa va a proiettare su schermo, è la vita, una finzione estremamente elaborata, semplice interpretazione dell’intelletto umano.
Noi, inconsapevoli attori di questo grande teatro a cielo aperto, ci muoviamo costantemente in cerca di risposte, inconsapevoli di essere imbrigliati in questa prigionia indissolubile e letale. Le due protagoniste, facce opposte della medesima medaglia, incarnano il contrasto dell’anima dell’essere umano, di quella lotta immonda e feroce che avviene dentro di noi. Una guerra silente ed interminabile tra l’io ed il super io, tra tutto ciò che siamo e quello che avremmo voluto sempre essere.
Persona di Ingmar Bergman è film sperimentale, ricco di scene surreali e meta-cinematografiche, che inducono lo spettatore a porsi domande sulla realtà in cui vive, finendo con il dubitare di tutto. Un torbido inganno, che vuole mettere in discussione l’esistenza stessa, suggerendo nel frattempo, un fragilità del cosmo, detta dalla nostra individualità. Siamo noi, insieme ai nostri sogni e alla nostre necessità, a donare concretezza alle cose, a darle una forma ed infine una voce.
Per Ingmar Bergman quindi siamo artefici della realtà che ci circonda, ma al tempo stesso, ne siamo parte integrante, divenendo così attori di una vita incerta, in balia delle maschere che ci incatenano. Entità destinate ad essere scisse e divise, per poter sopravvivere in un cosmo vacuo ed effimero, quanto la bugia che il regista decide di tessere dall’inizio, alla fine.

2) Possession – Andrzej Żuławski (1981)

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Possession è un’opera folle, un film audace in grado di trascendere l’ordinario e di sconvolgere l’animo dello spettatore ad ogni visione.

Disturbante, grottesco ed a tratti quasi onirico, l’opera di Andrzej Zulawski trascina lo spettatore in un viaggio ansiogeno sulla psiche dell’uomo, sui rapporti famigliari e su quella perdita dei valori, che fa vacillare l’esistenza. Un padre, una madre ed il loro figlio, sono i personaggi di questa storia grottesca, figure chiave di un’odissea schizzata, al limite della ragione, che si apre con un divorzio e con il conseguente disfacimento di una delle sicurezze dell’uomo moderno.

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Una pellicola in grado di colpire, non solo per la sua messa in scena, sempre asettica ed ostile, ma anche per le interpretazioni magistrali degli attori. Performance capaci di rimanere impresse nelle menti degli spettatori, poiché difficilmente ripetibili, sia nella forma e sia nell’intensità in cui son state proposte. Isabelle Adjani, protagonista assoluta dell’opera, offre uno spettacolo allucinato, una personificazione carnale del disagio umano, resa alla perfezione dalle doti recitative della donna.

Un lavoro eccelso, fatto di mimiche facciali e movenze inquietanti, accostabile per quanto riguarda il livello di qualità, all’interpretazione di Jack Nicholson in Shining

La regia, che spesso si concede movimenti di macchina a mano, rappresenta concretamente il turbamento degli animi dei protagonisti, accentuati anche dal taglio “schizofrenico” che Andrzej Zulawski da alla sua intera creazione.  Anche la fotografia non è da meno, risultando capace di conferire staticità e sospensione temporale all’intera pellicola, contribuendo incredibilmente alla riuscita di questo capolavoro e alla resa della sua atmosfera (la recensione prosegue qui).

3) Vertigo – Alfred Hitchcock (1958)

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Innovativo da tutti i punti di vista e probabilmente l’opera somma del regista, Vertigo è uno dei film più importanti e meglio realizzati nella storia del cinema.

Un’opera realizzata magistralmente, curata in ogni suo dettaglio, che utilizza il colore non solo per veicolare delle emozioni, ma anche per comunicare messaggi e simbolismi allo spettatore.

Un esempio eclatante di ciò, si può osservare prima della seconda metà della pellicola, dove Madeleine, investita da una luce verde, assume connotati quasi spettrali, per il suo ritorno ritorno dalla tomba e di conseguenza la sua immortalità. Un espediente visivo funzionale alla trama e al significato che essa vuole veicolare al proprio pubblico. La fotografia però non è l’unico punto di forza del film, infatti anche il montaggio e la sceneggiatura contribuiscono alla riuscita dell’opera, donandole un taglio narrativo visto rare volte all’epoca. Una pellicola avvincente, mai banale, esaltata da colpi di scena ben congegnati e da delle interpretazioni credibili e degne di nota.

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4) Psycho – Alfred Hitchcock (1960)

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Esiste un cinema prima e dopo Psycho di Alfred Hitchcock.

Basterebbe semplicemente questa affermazione, per andare a descrivere un’opera che ha cambiato un intero mezzo comunicativo, per sempre.

Psycho è un film subdolo, che si prende gioco dello spettatore, ingannandolo con il suo intreccio e la sua illusione scenica. Un gioco astuto che porta lo spettatore prima a tifare per una ladra ed infine per il suo assassino. Un continuo ribaltamento di emozioni, ma anche di situazioni, che fanno di quest’opera, un vero e proprio caposaldo della suspense. Un giro su delle montagne russe adrenalinico, che lascia da parte la psicologia dei personaggi, mettendo fuori dallo schermo le delle loro azioni.

Una scelta abile ed intelligente, che lascia il giusto alone, contribuendo così alla costruzione di un’atmosfera tesa e palpabile. Un film che fa della teoria del doppio, uno dei suoi punti di forza, enfatizzandone il concento con un uso frequente di specchi, volti a delineare l’instabilità psicologica dell’antagonista. Psycho in poche parole è il cinema stesso, un’opera tecnicamente perfetta, che sa coinvolgere, affascinare e turbare, lasciando le vere riflessioni a fine visione, quando lo spettatore può tirare un sospiro di sollievo.

5) Mulholland Drive – David Lynch (2001)

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Mulholland Drive è un viaggio onirico nella mente umana e nei suoi desideri più nascosti ed inconsci.

Un’odissea di personaggi grotteschi e di situazioni inverosimili che, lentamente prendono significato con il decorrere della trama.
David Lynch mette in scena un rapporto conflittuale, tra quello che siamo e tra ciò che vorremmo essere, una lotta interna che porta alla frammentazione della persona e ad un rapporto dualistico delle parti. Un film meraviglioso che scava nel profondo della psiche umana, portando all’esterno tutti i dubbi e le paure che ci influenzano ogni giorno. Un’altra chiave di lettura dell’opera potrebbe essere quella del sogno e della realtà, una visione coincidente a quella precedente e che andrebbe ad arricchire un mosaico, già complesso di suo.