Cinque anni fa Alfonso Cuarón sbancava ad Hollywood con Gravity, film che di spaziale non aveva solo l’ambientazione ma anche il budget (100 milioni di dollari).
Dopo una lunga pausa, il premio Oscar messicano sta ora per tornare sul grande schermo. Chi ha in mente il Cuarón dei grandiosi effetti speciali, dovrà fare tabula rasa e prepararsi a una pellicola inedita. Non c’è alcun effetto speciale o attore famoso in questo film da cui è stato bandito persino il colore! Dopo aver attraversato mondi magici (Harry Potter e il prigioniero di Azkaban), utopici (I figli degli uomini) e a gravità zero (Gravity), Alfonso Cuarón è finalmente tornato a casa, per un progetto che lui stesso ha definito «qualcosa di molto personale».
Un lungometraggio in bianco e nero, ambientato negli anni ’70, nel quartiere chiamato Roma di Città del Messico, che ripercorre vicende vissute in prima persona dal regista circa cinquant’anni prima. La sua macchina da presa mancava dal Messico dai tempi di Y tu mamá también (2001). E il ritorno a casa di Cuarón è un ritorno col botto: il film ha già ottenuto uno straordinario riconoscimento da parte della critica, vincendo, non senza polemiche, il Leone d’oro del 75esimo Festival di Venezia. A voler essere precisi però, non si tratta di un ritorno sul “grande schermo”, quanto dell’esordio di Cuarón sul “piccolo” schermo di Netflix. E quella di assegnareil Leone d’Oro a un film distribuito da Netflix, perciò «non destinato alla visione in sala», è stata giudicata una scelta iniqua da esercenti e autori del mondo del cinema.
In origine era previsto che il film uscisse nelle sale, ma nel 2018 Netflix ne ha acquistato i diritti di distribuzione. Ai giornalisti che oggi gli chiedono dettagli sulla distribuzione del film, Cuarón risponde infastidito che realizzarlo sarebbe stato impossibile senza Netflix. Secondo il cineasta messicano, il contesto geografico e culturale di Roma, sarebbe infatti, troppo distante dalle logiche che governano gli studios statunitensi. Gli attori sono decisamente lontani dallo star system hollywoodiano. A partire dalla protagonista Cleo, domestica interpretata dalla non-attrice Yalitza Aparicio, la distanza da Gravity è palpabile. Insomma, questa volta non si tratta di applaudire Sandra Bullock in missione nello spazio! E a Hollywood forse, la pellicola intimista di Cuarón, potrebbe non ottenere la stessa accoglienza riservata cinque anni fa a Gravity, vincitore di ben 7 premi Oscar.
Tra quelle che Cuarón ha definito «frivole polemiche», ci sono anche le chiacchiere sui favoritismi da parte del connazionale Guillermo Del Toro, presidente della giuria di Venezia 2018. Del Toro, ex Leone d’oro 2017, tuttavia ha cercato di fugare ogni dubbio, sottolineando come Roma abbia ottenuto l’approvazione di 9 giudici su 9; raggiungere un verdetto unanime è un evento piuttosto raro per la critica cinematografica.
Ma il film non sta facendo parlare di sé solo in quanto pietra dello scandalo su Netflix…
Insieme alle polemiche e alle recensioni entusiastiche, girano alcunianeddotiche contribuiscono a rendere più snervante l’attesa del film. Incuriosisce soprattutto, la notizia di un insolito modo di lavorare sul set. Pare che lo script fosse un segreto celato anche agli attori. Sul set, Cuarón era il solo a conoscere la sceneggiatura per intero, mentre il cast la scopriva ricevendo le battute giorno per giorno; al fine di restituire, sulla scena, reazioni quanto più forti e reali. Spesso le indicazioni date agli attori erano anche contraddittorie tra loro, il che deve aver provocato un certo caos sul set.
Il set di Roma rispecchia dunque, la concezione di Cuarón, per cui:
«la vita è esattamente così: è caotica e non si può davvero pianificare come reagire alle situazioni».
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