Parliamo dell’ultimo singolo di Fedez “Prima di Ogni Cosa“, pubblicato il 2 novembre e in heavy rotation ormai da due settimane.
Abbiamo scelto di dedicare due parole all’ultima trovata commerciale di Fedez, “Prima di ogni cosa”, il cui video sembra una grottesca e agghiacciante versione del Truman Show.
Se il primo ascolto ci ha suscitato la stessa reazione fisica che ci provoca un antibiotico preso a stomaco vuoto, al secondo (e terzo, quarto, quinto…) abbiamo rizzato le orecchie e acuito tutti sensi per tentare almeno di capire il messaggio che questo “cinico/bambino che chiamerai papà ” volesse trasmettere.
La prima parte del testo recita:
Va da sé che la prima impressione è quella di leggere una simpatica filastrocca di un bimbo che, per la prima volta tra i banchi di scuola, riesce ad associare ritmicamente le parole: verità , metà , papà . Più che De Andrè, viste le analogie, noi avremmo scomodato il successo pop di Valeria Rossi: dammi tre parole…
Ma proseguiamo:
Perché in testa c’ho la nausea (o Nasa)
Perché non sono mai a casa
Il cuore consumato come delle vecchie Vans
E tutti gli schiaffi presi in piazza
E l’inchiostro sulle braccia
Tutto ora combacia
Tua madre che mi bacia
A questo punto della canzone, qualche malessere cominciamo ad avvertirlo anche noi: più in basso della testa però, a differenza di Fedez. In più, lo stesso autore sembra autocompiacersi del sapiente uso che fa della struttura metrica e delle varie assonanze/consonanze, e con una metaforica pacca sulla spalla si congratula con se stesso, visto che finalmente “tutto combacia“.
Il primo bacio, il primo giorno a scuola,
il primo giorno in prova,
il primo amore, il primo errore, il primo sole che ti scotta
Ed è la prima volta anche per me
che vedo te
Prima di ogni cosa
Prima di ogni cosa
E ho preso appunti per tutte le volte che ho sbagliato
Ho un manuale di istruzioni dove di istruzioni è scritto attaccato
E tu sei il primo posto in questa vita che mi sembra nuova
Prima di ogni cosa
Prima di ogni cosa
Sorvolando l’elenco di prime esperienze del ritornello, ritorna la poetica Fedeziana.
E giuriamo di averci messo tutto l’impegno possibile per cogliere il pathos del momento ma oh, niente. Tralasciando il resto del testo, più o meno sempre uguale e con qualche gioco di parole simile a d’istruzione/distruzione – già utilizzato nel lontano 2010 da noi e dai nostri compagni di scuola per rinominare su Facebook l’album delle foto fatte in gita – il brano ci sembra essere un immenso calderone di vacuità e terrificante banalità (sulla scia di Fedez, rimiamo anche noi).
Passi pure il nobile intento di dedicare una canzone al figlio, come hanno fatto tanti altri – MEGLIO – prima di lui. Ma non si può declamare il vero amore, quello più puro, di un genitore verso il figlio, in un modo così imbarazzante, con rime elementari e frasi da baci perugina.
O almeno, se si vuole veicolare un messaggio tanto forte con la musica, che è UN’ARTE, non le si può dare un prezzo come Fedez sta facendo, speculando sul SENTIMENTO per eccellenza. E non lo diciamo noi, ma Pasolini.
Non venite poi a dirci che è un gesto carino, che ognuno vive certi sentimenti a modo proprio e che il suo era solo un tentativo per esprimere l’affetto verso il piccolo Leone, perché la canzone tutto suscita meno che questo: è un brano gelido, meccanico, costruito a tavolino.
C’è però da ammettere che Fedez sia riuscito a mostrarci finalmente cosa per lui sia veramente “prima di ogni cosa”: i cash.
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