Strofe| Francesco Guccini: Dio è Morto – Analisi del brano

Abbiamo deciso di analizzare Dio è Morto, canzone scritta da Francesco Guccini nel 1965 ma ancora così tremendamente attuale

Francesco Guccini
Credits: YouTube: Francesco Guccini - Dio è morto (Live@RSI 1982)/ Narinternational
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Dio è Morto è un brano del 1965 di Francesco Guccini ma portato alla notorietà da I Nomadi e da Caterina Caselli che lo incisero per la prima volta nel 1967. Solamente molti anni dopo, il suo autore lo pubblicò in un proprio album, Quasi come Dumas del 1988. Il titolo della canzone è un chiaro riferimento al filosofo tedesco Friedrich Nietzsche che per primo utilizzò questa espressione in due dei suoi lavori: La Gaia Scienza e Così Parlò Zarathustra. La RAI, fermandosi a un’analisi del tutto superficiale della canzone di Guccini, decise di censurarla in quanto ritenuta blasfema, visto il titolo. Tuttavia, a sottolineare l’assoluta sobrietà del brano è da rimarcare il fatto che venne passata addirittura da Radio Vaticana che lesse in maniera più approfondita il testo, apprezzato anche da quello che era il Papa in carica in quel momento, Paolo VI.

La canzone dai mille interpreti e l’Effetto Mandela

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Credits: YouTube: I Nomadi Dio E Morto Augusto Daolio/Riccardo Turella

Una canzone quale è Dio è Morto, pilastro del nostro cantautorato, è stata, come accennato sopra, negli anni un richiamo irresistibile per numerosi interpreti. Alcuni capaci di mettere da parte il proprio stile di fronte a questo capolavoro, altri invece meno disposti a mantenere i connotati dell’originale; quel che è certo è il profondo rispetto che ciascuno di loro ha sempre dimostrato nei confronti del brano.

Nessuno ne ha mai intaccato l’ossatura, che nell’idea originale di Guccini si regge su un ostinato di synth che è praticamente leggenda. Così dalle nuances jazz di Ornella Vanoni alla discutibile versione rock di Gianna Nannini, arrivando fino a quella dell’amico Ligabue, Dio è Morto e risorge di volta in volta in nuovi arrangiamenti che non tradiscono il genio del cantautore di Modena. E nella freschezza scanzonata del beat, nelle progressioni della melodia, quel messaggio di speranza lasciato alla fine del brano doveva risultare ancora più evidente.

Tuttavia è molto curioso l’Effetto Mandela che ruota intorno a questo brano. Difatti, nonostante sia un caposaldo della musica italia, viste le numerose rivisitazioni, sono molte le persone che associano Dio è Morto ai Nomadi, avendo un ricordo distorto riguardante l’origine del brano, scritto, come detto, da Guccini.

Fatta questa rapida introduzione, possiamo iniziare con l’analisi del testo.

Dio è morto nella società capitalista

francesco guccini
Credits: Flickr/Associazione Amici di Piero Chiara,https://www.flickr.com/photos/48782691@N04/9342791744

Ho visto 
La gente della mia età andare via 
Lungo le strade che non portano mai a niente
Cercare il sogno che conduce alla pazzia 
Nella ricerca di qualcosa che non trovano 
Nel mondo che hanno già, dentro alle notti che dal vino son bagnate 
Lungo le strade da pastiglie trasformate
Dentro le nuvole di fumo del mondo fatto di città
Essere contro ad ingoiare la nostra stanca civiltà 
E un dio che è morto
Ai bordi delle strade, dio è morto
Nelle auto prese a rate, dio è morto
Nei miti dell’estate, dio è morto

Questo è uno degli incipit più famosi della storia della musica italiana. Per realizzarlo, Guccini si ispirò al poema L’Urlo di Allen Ginsberg, che inizia in una maniera molto simile al brano del cantante di Modena:

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Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche, trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa, hipsters dal capo d’angelo ardenti per l’antico contatto celeste con la dinamo stellata nel macchinario della notte

In questa prima strofa Francesco Guccini ci elenca tutti i motivi per i quali secondo lui, la società capitalista e consumistica sta portando le persone a perdere Dio, ma non inteso in senso religioso quanto piuttosto sociale. Le persone, seguendo strade che non vanno da nessuna parte e inseguendo sogni e cose che non possiedono, non fanno altro che divenire infelici giungendo alla pazzia. Guccini pensa che la felicità sia propria di una vita meno nevrotica che possa dare il giusto peso alle cose realmente importanti, lontane dalle nuvole di fumo del mondo fatto di città.

Il cantautore di Modena elenca poi tutti quelli che sono poi secondo lui i problemi concreti di questa società così infelice in un climax discendente che va da cose estremamente serie e pericolose come la droga e all’industrializzazione selvaggia per arrivare fino ad elementi meno importanti come le macchine comprate a rate o i miti dell’estate.

Dio è Morto nelle ideologie sbagliate

Guccini
Credits: Wikipedia/ Zuffe

Mi han detto
che questa mia generazione ormai non crede
in ciò che spesso han mascherato con la fede,
nei miti eterni della patria o dell’ eroe
perché è venuto ormai il momento di negare
tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura,
una politica che è solo far carriera,
il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto,
l’ ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto
e un dio che è morto,
nei campi di sterminio dio è morto,
coi miti della razza dio è morto
con gli odi di partito dio è morto…

Guccini, dopo averci spiegato cosa sono gli elementi della società che portano l’uomo ad una inevitabile infelicità, ci parla dei motivi ideologici che hanno permesso alla società di divenire così nevrotica. Anche qui utilizza un climax, stavolta ascendente. La prima componente ad essere attaccata è la fede o meglio, ciò che è mascherato con la fede, che ha guidato gli uomini per secoli ma che ora non più un credo. In seguito Guccini se la prende con i miti dell’eroe e della patria, facendo esplicito riferimento ai nazionalismi, concetto ripreso nelle ultime frasi quando accenna a campi di sterminio e miti della razza. Nel mezzo ci viene fatto un corollario completo di ciò che, nella sua ottica, non funziona, senza utilizzo di giri di parole: perbenismo interessato, ipocrisia, finta dignità e politica senza alcuno scopo che non sia il far carriera.

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Al terzo giorno Dio risorge

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Ma penso
che questa mia generazione è preparata
a un mondo nuovo e a una speranza appena nata,
ad un futuro che ha già in mano,
a una rivolta senza armi,
perché noi tutti ormai sappiamo
che se dio muore è per tre giorni e poi risorge,
in ciò che noi crediamo dio è risorto,
in ciò che noi vogliamo dio è risorto,
nel mondo che faremo dio è risorto…

Dopo averci spiegato cosa ha di sbagliato la nostra società, Guccini finisce la sua canzone con un’infusione di speranza. Esattamente come Cristo che, dopo essere stato ucciso, è risorto dopo 3 giorni infondendo al speranza negli uomini, così la società è pronta per risorgere, attraverso una rivolta pacifica e creare un mondo nuovo. Dio è l’uomo, l’umanità e la società.

Assolutamente non casuali sono anche le parole scelte dal cantante modenese per iniziare le strofe:

  • Ho visto: Guccini ci parla per esperienza diretta, ci spiega cosa secondo lui nella società nella quale vive non funziona più.
  • Mi han detto: Il cantante modenese è notoriamente una persona non credente e quindi si affida alle testimonianze di altre persone che gli hanno spiegato cosa, nel concetto moderno di fede, non riesce più ad avere presa sulle persone nonché di cosa abbia la politica di sbagliato.
  • Ma penso: Il cantautore per sua stessa ammissione, non inserì questa strofa per indorare la pillola ma anzi lo fece poiché credeva veramente che, attraverso un lavoro su ciò che si crede, si vuol e si fa, come ripete negli ultimi versi, l’uomo può redimersi.

Aggiunsi una speranza finale non perché la canzone finisse bene, ma perché la speranza covava veramentespiegò Guccini parlando del suo capolavoro

Per concludere questa nostra analisi vi lasciamo ad un’altra dichiarazione fatta direttamente da Francesco Guccini che spiega i motivi per i quali, secondo lui, Dio è Morto è così amata ancora oggi, a distanza di quasi 60 anni.

A volte mi chiedo come Auschwitz o Dio è Morto, canzoni scritte nel 1964-66, piacciano ancora così tanto e appaiano sempre attuali… Il merito però, devo dire, non è del tutto mio ma degli sponsor di queste canzoni, i razzisti e gli imbecilli che, a quanto pare, tornano periodicamente alla ribalta.

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