Widows – Eredità criminale: Steve McQueen racconta l’America Oggi

Condividi l'articolo

Tra le novità in sala dal 15 Novembre arriva anche Widows – Eredità criminale, primo esplosivo heist-movie firmato Steve McQueen: il regista inglese premio Oscar per 12 anni schiavo.

Widows-Eredità criminale è il solo il quarto lungometraggio di un percorso breve, ma decisamente intenso. Migliore Opera Prima a Cannes con Hunger dove Michael Fassbender incarna luci e ombre di Bobby Sands, giovane simbolo dell’IRA e dell’Irlanda del Nord, morto per sciopero della fame in un H-Block britannico. Steve McQueen sceglie ancora Michael Fassbender come protagonista di Shame (Coppa Volpi a Venezia 68): nuovo American Psycho a New York, che non ha preso la via del serial-killer, ma ha scelto la solitudine e il tormento di un erotomane compulsivo. L’Oscar arriva con il primo film corale: 12 anni schiavo rappresenta infatti la storia vera di Solomon Northup – nato libero, rapito e venduto come schiavo – come narrata nell’autobiografia omonima del 1853.

Oggi Steve McQueen e Gillian Flynn (autrice di Gone Girl) adattano per il cinema una serie tv degli anni ’80 e ’90: Le vedove. Spostano l’azione a Chicago, al centro di una feroce campagna elettorale, in un distretto lontano dal grande circuito turistico: una periferia multietnica come South-East e South-West, dove la politica è il riflesso diretto di una guerra tra bande. Per un fugace scherzo del destino, in una rapina apparentemente perfetta muoiono 3 grandi capi: alle mogli di Widows – Eredità criminale spetta il compito di restituire il denaro. In caso di fallimento, il boss e candidato senatore della comunità afro-americana, Jamal Manning, ha già preventivato la loro esecuzione.

LEGGI ANCHE:  The Call, la Recensione dell'acclamato thriller coreano su Netflix

Widows - Eredità criminale

La grande protagonista di Widows – Eredità criminale è Viola Davis, premiata nel 2018 come Miglior Attrice Non Protagonista per Barriere. Widows di Steve McQueen parte da una Favola Nera: il matrimonio che Viola Davis e Liam Neeson hanno vissuto era una sfida al razzismo e all’ordine costituito, comprese le strutture del crimine organizzato. Ora Viola Davis resta solo Veronica Rawlings: leader naturale delle Widows, l’unica che possa prendere in pugno la situazione. Al suo fianco, Michelle Rodriguez: una solida creatura latina da film d’azione (da Machete di Robert Rodriguez al franchise Fast And Furious). A chiudere il cerchio c’è la più giovane, impreparata delle neo-vedove, Alice Gunner. E’ Elizabeth Debicki: ex ballerina classica di origine polacca, qui impegnata a correre sul filo, tra il baratro della povertà e quello dell’escort.

Manca solo lei, l’outsider: Cinthia Erivo, londinese afro-britannica, già stella di Broadway. Sette Sconosciuti a El Royale è il suo folgorante esordio nel cinema. Nel film di Drew Goddard basta che prema il tasto play, perché la sua voce arrivi diretta dal cuore e riempia la stanza. Ora, per Windows-Eredità criminiale di Steve McQueen, Cinthia Erivo è quasi irriconoscibile: rasata, trashy, incarnazione di ogni cliché sulla periferia estrema. Ma anche in Widows l’attrice nasconde un segreto: se c’è da correre, dalla semplice inclinazione del gomito e della mano, la vedremo tramutarsi in un’atleta olimpica, categoria 100 e 300 metri.

Widows - Eredità criminale

Se nomi e caratteristiche della lista dovessero somigliare a uno script di Quentin Tarantino, Steve McQueen è già un passo avanti. O meglio ha scelto di tornare indietro, per realizzare il suo personale capitolo della macro-serie America Oggi. Una tradizione di lungo corso, fondata da Robert Altman con Nashville, visitata da Paul Thomas Anderson con Boogie Nights e Magnolia, con il significativo contributo del danese Lars Von Trier. Dogville è forse l’unico vero precedente: estremo, sulla soglia dell’insostenibile, mentre inaugura la Trilogia USA (mai terminata) e sperimenta la prima variazione per il cinema del Teatro Epico di Bertolt BrechtDifficilmente il cinema ha cercato sul serio il fantomatico straniamento brechtiano. Ovvero: quella teoria drammatica che richiede il non-coinvolgimento emotivo della spettatore, perché resti attiva la sua coscienza critica.

LEGGI ANCHE:  Civil War, la Recensione del nuovo film di Alex Garland

La traduzione più diretta della teoria elaborata da Brecht tra Prima e Seconda Guerra Mondiale è anche: distanziamento (distancing-effect). E’ in questa giusta distanza, dove l’orrore accade fuori-scena e la violenza è sempre stemperata da gesti meccanici, ostentati e coreografici, che Steve McQueen cambia stile, riscrive la storia e firma un nuovo grande film.

Il film più contemporaneo e politico di Steve McQueen affronta a viso aperto il declino della civiltà occidentale, ma sfida il nemico con le sue stesse armi: gli stereotipi di genere, i pregiudizi sull’etnia e la razza. McQueen non risparmia nessuno, neanche le barriere auto-inflitte: quelle tra tribù e gang rivali, che in Widows si scontrano o si accordano senza tregua.

Il risultato è il film di un autore che ha raggiunto la maturità, ma non sembra temere alcuna sfida: compreso cambiare totalmente linguaggio, allentare la presa sullo spettatore, mentre attraversa le peggiori esplosioni di violenza con grazia, e una leggerezza quasi irreale, capace di ospitare molti miti dell’America di oggi.