Il primo EP di Young Signorino è un totale vuoto musicale. E la cosa è fantastica.
Young Signorino è uno di quei nomi che sono circolati nella musica italiana per tutto l’anno. Dopo le polemiche, le prese in giro, gli insulti e persino un’associazione agli esperimenti linguistici fatti dai futuristi cento anni fa, ora eccolo qui con il suo primo EP ufficiale. La prima impressione è quella di un lavoro sorprendentemente normale, che sembra rispondere a quelli che sono i canoni della trap italiana. Ma poi ci si accorge che una certa ripetitività ipnotica delle basi musicali fa da contrappunto alla vacuità dei testi. “Qua è tutto fumo, sì ma niente arrosto” canta il Signorino in Nebulosa, la seconda canzone, e questo dice tutto.
Cinque tracce che parlano praticamente del niente, con continui e reiterati riferimenti al “cash” e al fumo, in pieno stile auto-celebrativo. Difficile capire se si tratta di una parodia, di un’auto-parodia, o se il Signorino si prende davvero sul serio. Qualcuno potrebbe dire che proprio in questa sottigliezza sta il genio. Qualcun altro potrebbe dire che Total Black è un prodotto che, per certi versi, rappresenta il riassunto dell’inutilità di uno stile musicale che non ha niente da dire e niente da fare. Se non, in qualche modo, riflettere la povertà di valori dei tempi in cui viviamo.
Nelle sue canzoni Young Signorino è un ribelle stanco, annoiato, talmente ribelle che non ha neppure bisogno di ribellarsi. Sa che ha già vinto, se qualcuno, chiunque, ascolta la sua musica. Allo stesso tempo, il suo obbiettivo non è attaccare, criticare, neppure esprimersi. La stessa idea di Total Black, nero totale, richiama il concetto del vuoto, dell’assenza, dell’inesistenza. La stessa copertina dell’EP, un semplice quadrato nero, suggerisce un’iconicità minimale che rimanda, tanto per cominciare, al White Album dei Beatles.
Ma qualcuno si spingerà oltre. Non mancherà infatti, vogliamo sperare, chi assocerà il nero totale della copertina alla famosa opera “Quadrato nero” dell’astrattista russo Kazimir Malevich (1915), opera considerata come il “punto zero” della pittura, in quanto appunto priva di caratteristiche rilevanti. Che Signorino abbia voluto spingerci a fare una tale associazione? Sarebbe bellissimo. Inoltre, il periodo è sempre quello dei futuristi, e quindi l’idea di collegare le avanguardie storiche ad un trapper italiano di cento anni dopo ci sembrerebbe la realizzazione di un sogno. Questo è un altro aspetto della genialità di Young Signorino: fa poco, ma tutti parlano di lui e tutti cercano di leggere nella sua musica più di quello che c’è. Lui lo sa benissimo, e “ci sta dentro”. E noi pure.