La terza stagione di Daredevilè di assoluto livello, confermandosi come il vero cavallo di battaglia della Marvel.
Non una novità direte voi, ma questa volta vogliamo osare. Perchè la serie non solo dimostra di essere il miglior prodotto supereroistico del piccolo schermo, ma tiene testa alle grandi produzioni cinematografiche Marvel. Non avrà lo stesso budget, non avrà lo stesso clamore social e mediatico, ma Daredevil possiede un aspetto spesso trascurato a favore della spettacolarizzazione, la qualità.
Già nell’attenzione riposta nella scrittura di questa terza stagione Daredevil dimostra tutto il suo potenziale. Prendendo a piene mani dalla famosa saga a fumetti Born Again, il risultato finale avrebbe potuto deludere, visto il grande affetto che lega i fan a questa saga, ma così non è stato. E così alcune tavole del fumetto diventano inquadrature mentre diversi balloon si trasformano in linee di dialogo, dando comunque vita ad una serie fedele, nelle atmosfere e nel suo dramma psicologico, all’opera originale. Ci vengono aperte le porte del vero mondo del giustiziere, con la sua chiesa piena di dubbi morali e capace di immergere il personaggio in un’aura mistica, per poi proiettare la sua controparte umana fragile e combattuta.
Ma Born again non è l’unica fonte a cui si fa affidamento. Nella crescita morale di Matt Murdock e in quella spirituale del suo Diavolo, si scorgono, come già accaduto nella prima stagione, degli scampoli di The man without fear, altra saga leggendaria per Daredevil. Le tematiche che affliggono Matt sono molto umane e accentuate dal suo desiderio di essere un infallibile giudice e dispensatore di giustizia; non a caso il conflitto interiore del personaggio diviene quasi schizofrenico, portandolo a dialoghi interiori con interlocutori inesistenti.
Il Diavolo ritrovato e rinato
Il percorso morale che Matt dovrà affrontare lo spingerà agli estremi, portandolo a chiedersi dove la legalità possa davvero compiere il suo dovere e dove debba essere scavalcata per ottenere una giustizia divina. Il diavolo è accecato dalla rabbia e dal rancore, è stufo di combattere inutilmente e la sua cecità si espande, diventando emotiva e morale.È un personaggio sempre più combattuto che racchiude dentro di sé l’essenza di tutti i personaggi della serie. Il diavolo di Hell’s Kitchen è il bene e il male, è la dimostrazione che non è tutto bianco o nero e come questi a volte si sorreggano per portare ad un bene superiore. Due opposti in perenne lotta che portano Matt Murdock e Daredevil a cadere, rialzarsi, peccare e redimersi; tutto per raggiungere una salvezza insperata.
La qualità nella scrittura della stagione è contagiosa e come un virus benevolo si espande in tutti gli aspetti della serie. L’ottima regia si ritrova in particolare in due episodi, diretti entrambi da Alex Garcia Lopez che ci regala un piano sequenza spettacolare con una scena di lotta ottimamente coreografata. L’altro episodio molto interessante è interamente dedicato a Karen Page, interpretata da Deborah Ann Woll, di cui vengono esplorate le origini finora ignote e completamente originali (non essendo prese da alcuna controparte fumettistica).
Sono proprio gli episodi che esplorano i personaggi e le vere e proprie battaglie nel loro subconscio, a rimanere la punta di diamante della serie.
Bullseye e Kingpin, il fascino immortale del male
Kingpin lo conosciamo. Interpretato da Vincent D’Onofrio, già distintosi nella prima stagione per la sua interpretazione del boss della malavita newyorchese, Wilson Fisk rimane probabilmente la migliore nemesi che la nuova Marvel ha partorito: elegante, sofisticato, violento e instabile. Inutile dire che anche in questa stagione il personaggio si prende un ruolo da assoluto protagonista. Ma questa volta una nemesi e Daredevil tengono il suo passo. Infatti, notizia ormai già trapelata da tempo, oltre a Fisk Daredevil dovrà affrontare Bullseye, la spina nel fianco più pungente per il diavolo, interpretata da un ottimo Wilson Bethel.
Questo Bullseye ha origini leggermente diverse da quelle del fumetto, ma sono forse migliori nella costruzione visiva del personaggio.
Uno psicopatico che prova piacere e un senso di appagamento solo nell’uccidere. L’agente dell’FBI Benjamin Poindexter ha sempre tenuto la sua vita sotto estremo controllo, senza lasciare che una virgola andasse fuori posto. L’unico apparente modo per tenere i suoi demoni rinchiusi in un pozzo senza fine. Fisk intravede un potenziale distruttivo latente e la possibilità di controllarlo compiendo un gesto sconsiderato: aprire il pozzo e lasciare libero ciò che da anni era stato attentamente assopito.
È nel raccontare il personaggio di Bullseye che la serie utilizza una fotografia particolare e sicuramente azzeccata. Immergendo i personaggi in un limbo fatto di oscurità e chiaroscuri, la serie racconta il passato di Bullseye e le vicende che lo hanno trasformato in un killer. Una fotografia che richiama molto il fumetto nelle sue scelte cromatiche ma anche nella sua narrativa, fatta di distanze colmabili solo dall’immaginazione di chi sta scoprendo quei mondi.
Daredevil, Kingpin e Bullseye, una triade di violenza a cui si oppone un altro trio: Karen, Foggy e Matt Murdock.
Anche se questi moschettieri che lottano per la giustizia possono apparire come dei paladini senza macchia, la serie ci racconta il loro essere umani, i loro difetti, le loro paure e i loro errori. Da entrambi i lati il bene e il male è sempre presente, nascosto in tutti loro. Proprio il dualismo di Matt e Daredevil rappresenta appieno il percorso che compie il personaggio, incerto nelle sue scelte e nel condurre una doppia vita senza mai chiedere aiuto; la redenzione sarà l’unica strada percorribile per accettarsi e per dare nuova vita al Diavolo.