Già con la pubblicazione di Sex & Food, uno dei migliori album dell’anno, gli UMO avevano effettuato un bel balzo dalla scena underground, alla quale ancora erano in qualche modo relegati, nel rock mainstream. E principalmente grazie alla canzone American Guilt, con uno dei più forti riff di chitarra che si siano sentiti ultimamente.
Ora, con questo album strumentale registrato in Vietnam, il gruppo di Ruban Nielson si conferma come una delle più forti realtà musicali in circolazione. L’album, che segue una numerazione di sette canzoni strumentali, varia da accenni del garage più classico dei primi lavori della band, alla morbida psichedelia degli ultimi.
Le canzoni più interessanti sono quelle pari, Hanoi 2, Hanoi 4 e Hanoi 6. Quest’ultima, pubblicata come primo singolo, dura quasi dieci minuti e fornisce spunti interessantissimi sui prossimi sviluppi del suono del gruppo, guardando ampiamente verso il jazz. Allo stesso tempo altre canzoni, come Hanoi 3, riprendono sonorità “etniche”, e cioè nello specifico il sáo trúc, un flauto tradizionale vietnamita.
Su tutto, comunque, regna ancora la chitarra di Nielson, vero leader ed eminenza grigia del progetto Unknown Mortal Orchestra. Un’artista visionario e poliedrico che, come altri suoi colleghi di quest’epoca, si rifiuta di attenersi ai parametri di un singolo genere, preferendo far esplodere la propria creatività al di là di ogni confine stilistico.
IC-01 Hanoi appare in questo senso come un passaggio fondamentale, mirato alla transizione verso sonorità sempre più azzardate e più atipiche. Non vediamo l’ora, a questo punto, di sentire come suonerà il prossimo album in studio degli UMO, anche se sappiamo che naturalmente ci sarà da aspettare.