Torna Lisbeth Salander, stavolta diretta da Fede Alvarez. E cambia anche i connotati, per la terza volta, in questo Millennium – Quello che non uccide. Tratto dall’omonimo romanzo, uscito poco tempo fa, il libro riprende le avventure dell’hacker che odia gli uomini che odiano le donne Lisbeth Salander e del giornalista Mikael Blomqkvist. Anche qui, terzo attore diverso ad interpretare il giornalista d’inchiesta. Dopo Noomi Rapace e Rooney Mara, ecco la britannica e bellissima Claire Foy che sveste i panni della moglie di Armstrong in First Man ed indossa il chiodo all black di Lisbeth. Proprio su di lei è incentrata la storia di Millennium – Quello che non uccide. Su di lei e sul suo torbido passato che non l’abbandonerà mai.
La saga Millennium nacque nel 2005 ebbe un grandissimo successo in Italia intorno al 2010. Una trilogia che divenne di culto in brevissimo tempo, grazie anche al magistrale intreccio orchestrato da Stieg Larsson. Una brutta malattia strappò via lo scrittore dalla sua penna e la saga rimase una “semplice” trilogia. Passano gli anni e l’adattamento sembra essere fondamentale. I primi sono i suoi conterranei svedesi che la portarono sul grande schermo in poco tempo. Poi toccò a Fincher ma il remake americano si fermò al primo capitolo. Parallelamente, David Lagercrantz raccolse l’eredità lasciata da Larsson ma i risultati non furono dei migliori. Il libro risentiva troppo dell’assenza di Larsson e il flop era dietro l’angolo. In questo senso, risulta abbastanza incomprensibile la scelta di voler fare l’adattamento di Millennium – Quello che non uccide.
Ci si chiede quale sia il senso di portare in scena il quarto capitolo quando nel mezzo c’è un buco di ben due film. Ma solo per un senso di continuità di una saga. Vero è che il personaggio di Lisbeth ha trovato un grandissimo seguito anche al netto dei film mancanti o poco riusciti. Ormai è diventata un’icona underground che nel suo piccolo ispira molte donne a ribellarsi ai sopprusi. Il tutto grazie a Stieg Larsson. Ci prova stavolta Alvarez che insieme a Steve Knight (Locke, Taboo) scrivono la sceneggiatura. E il risultato non è il massimo. Anzi, è quasi del tutto da buttare. Non fosse per un’ottima regia e per la bellissima fotografia di Pedro Luque. Il problema risiede tutto nella narrazione, nella storia raccontata da Lagercrantz. Una storia che fa acqua da tutte le parti.
Archiviata la pratica Zalachenko, Lisbeth viene incaricata di recuperare un programma che potrebbe scatenare una guerra nucleare se dovesse finire nelle mani sbagliate. E così accade. Non fosse per un gruppo di terroristi chiamati Spiders che intrappolano la povera Lisbeth nella loro ragnatela mortale (da qui il titolo originale The Girl in the Spider’s Web). Il resto va da sé. Una corsa contro il tempo e contro la solita talpa che si scoprirà all’ultimo secondo. Insieme all’oscuro passato di Lisbeth che in questo Millennium – Quello che non uccide si fa sempre più chiaro (gioco di parole voluto e cercato). Bastano queste poche righe già per far capire che si va incontro ad un festival del cliché figlio di una narrazione pretestuosa all’inverosimile.
Le atmosfere nordiche vengono ribaltate in favore di un eccessiva frenesia che dà per scontata la lettura del libro da parte dello spettatore. E quelle poche digressioni risultano davvero fuori luogo, come ad esempio rubare una Lamborghini per mantenere un profilo basso giacchè si è ricercati in tutta la Svezia. La reciproca fiducia tra i personaggi secondari nasce in un batter d’occhio così come il riferimento aperto a Codice Mercury, con il solito bambino autistico che funge da chiave di volta di tutto. Come se non bastasse, anche il melodrammatico e scontato finale si inserisce in questo discorso di banalità . Verrebbe da dire che Millennium – Quello che non uccide sia una delusione ma d’altra parte era già annunciata. Alvarez non poteva fare tanto di più con questo materiale se non riscriverlo totalmente. E fare di conseguenza un altro film.