Negli ultimi anni ci sono state raccontate diverse volte le Vele di Scampia.
Costruzioni fatte di amianto e cemento, covo della peggiore criminalità ed emblema della camorra, della droga e della prostituzione. Ma la realtà non è solo quella raccontata in Gomorra e alterata dalle telecamere di sky. Esistono storie di persone emarginate, vittime di un quartiere dove il contesto, il mancato sviluppo e la situazione sociale hanno generato solamente il fallimento del progetto che fu ideato, divenuto infine un quartiere dormitorio, un ghetto sovrappopolato e logoro, privo del benché minimo servizio. Oggi, dopo l’ultra trentennale lotta da parte degli abitanti del posto, esiste finalmente un progetto per l’abbattimento delle Vele e di riqualificazione del territorio.
A raccontarci la verità delle Vele di Scampia e dei suoi occupanti è il nuovo corto La Chimera (Appunti per un film sulle Vele di Scampia),di Walter De Majo, Giovanni Dota, Elio Di Pace, Matteo Pedicini e prodotto da Giulia D’Amato, Gianluca Arcopinto, Walter De Majo, Camilla Daneo, Alessandro Elia.
Destinato per l’appunto in futuro a divenire un film, La Chimera si pone due obbiettivi; aiutare a demolire le Vele dopo molteplici anni di lotte e abbattere i pregiudizi e gli stereotipi su di esse e su chi vi abita. Scampia infatti è sempre stata raccontata e mostrata ingiustamente, sia nel cinema che nella letteratura, come un luogo dove la criminalità è parte integrante della quotidianità di tutti i giorni.
Questo nuovo progetto, d’altro canto, vuole mostrare quanta umanità e voglia di riscatto vi sia nelle persone confinate in quei luoghi, che lottano ogni giorno contro sofferenza e povertà, etichettati come criminali. A rappresentarli è il Comitato Vele Scampia che organizza la lotta degli occupanti, rivendicando l’assegnazione di un alloggio popolare dignitoso. La Chimera che da il titolo al corto è quel proposito inseguito ormai da anni, un disegno di un progetto irrealizzabile, un sogno ad occhi aperti. Una lotta sfiancante, che ora però sembra quasi giunta al termine. Si perché a distanza di poco tempo dalla delibera comunale che ha stabilito l’abbattimento di tre delle restanti quattro Vele con annessa riqualificazione della quarta come sede della Città Metropolitana di Napoli, anche il sindaco De Magistris ha approvato lo stanziamento della cifra necessaria per portare a termine i lavori.
Qui sopraggiungono tempestivamente con le macchine da presa Giovanni Dota e Elio Di Pace, i due principali registi del corto, che però come sottolineano durante l’incontro avvenuto durante il PerSo – Perugia Social Film Festival, non deve avere una predominanza autoriale. Difatti l’intento è proprio quella di lasciare che le Vele vengano raccontate dal loro interno, da chi le abita, vivendo la loro quotidianità attraverso una visione reale, umana, non inquinata dalla spettacolarità speculare delle fiction e dei romanzi. Il racconto passa perciò per le parole di due dei protagonisti, Lorenzo Liparulo e Omero Benfenati, occupanti delle Vele e voce attiva del Comitato, i quali ci accompagnano con le telecamere nei corridoi e nelle abitazioni, talvolta divenendo loro stessi i registi, con videocamera alla mano.
I due coinvolgono gli abitanti delle Vele, organizzano incontri nel Comitato, portano avanti e credono in questa battaglia da innumerevoli anni tanto che uno dei due arriverà a tatuarsi una Vela sul braccio “perché sia l’ultima a rimanere in piedi”. Così, senza sensazionalismi, senza filtri e nel modo più naturale possibile vengono ripresi i volti e gli sguardi di chi sopravvive alla giornata, dai quale affiorano sinceri rapporti umani e un forte senso di collettività.
Sullo schermo scorrono le immagini della quotidianità dei mercati dove si fa spesa, quella di un genitore che vede crescere suo figlio tra insignificanza e sporcizia, quella di un bambino che riesce ad apprezzarne la bellezza arrivando a definire il proprio quartiere un’oasi nella quale vivere, canti di gruppo, bombole del gas trasportate e issate senza la benché minima norma di sicurezza. Poi infine, una semplice sequenza dove viene ripresa una cena conviviale, tra famiglie diverse e con tradizioni diverse, un momento di socialità che mostra l’umanità reale presente in quel posto, riunita attorno ad un piatto di pastasciutta.
Di questi 20 minuti rimane la visione di un progetto importantissimo, non più una “chimera”, ma un esperimento democratico portato avanti negli anni dal Comitato Vele che non può più essere ignorato dall’amministrazione comunale e dal governo. Una storia reale di coraggio e resistenza civile che, in attesa di progetti futuri, apre gli occhi a noi spettatori ignari, complici di quell’immaginario collettivo che ha corrotto la visione delle Vele di Scampia come simbolo di camorra e di illegalità.
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