Il passato però ritorna, stavolta nelle mani di un gitano che porge a Toby un dvd pirata del suo primo lavoro giovanile legato ad un film su Don Chisciotte. Un film che aveva creato numerose aspettative in Angelica, giovane abitante di un minuscolo villaggio spagnolo chiamato Los Sueños (nomen omen). Un film che ha portato alla follia JonathanPryce, qui nei panni di Javier, un calzolaio scritturato per interpretare Don Chisciotte e mai più uscito dal personaggio. Il caso vuole che Toby torni proprio in Spagna per girare uno spot che riprenda la lotta del cavaliere errante contro i mulini a vento. E proprio dietro la collina c’è quel piccolo paesino da lui fin troppo illuso.
Toby cerca luoghi e persone del suo primo film, trovando tutto diverso da come era prima. Chi è passato a miglior vita, chi invece ha tentato la fortuna trovando l’esatto opposto. E chi è rimasto incatenato nella follia.
In un cinema improvvisato, Adam Driver compie un gesto evocativo come quello di rompere la tela. E con lei anche la realtà che fino a quel momento lo circondava. Basta poco per trasformare un regista in SancioPanza ed essere costretto a seguire ed assecondare le follie di Javier, o Don Chisciotte. E la stessa realtà si (con)fonderà con la surrealtà presente nella folle mente di Javier. Vagherà , Toby, tra i molteplici piani narrativi che andranno a sovrapporsi.
L’uomo che uccise Don Chisciotte è un film che si lascia guardare anche grazie a flashback generati ottimi espedienti narrativi. Il comparto visivo è molto curato e funzionale ad una messa in scena che avvicina forma e contenuto quasi sullo stesso piano. Molti gli spunti di riflessione che Gilliam ci regala, come la sua critica rivolta alla società occidentale. Peccato che questo aspetto si esaurisca in fretta in favore di un richiamo metanarrativo verso tutto ciò che c’è dietro un film. Quei produttori sprezzanti alla ricerca di soldi ad ogni costo.