Un affare di famiglia: una Palma d’oro indimenticabile

un affare di famiglia
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Si possono usare numerosi aggettivi per descrivere lo stile o un film di Hirokazu Kore’eda, ma una cosa è certa: ci troviamo davanti ad un regista che racconta le famiglie meglio di chiunque altro . Da Father and Son a Little Sister il percorso è molto breve e dopo averle visionate entrambe questa piccola affermazione non può che diventare una piacevole realtà. Un tema che non ha mai stancato questo autore e che porta nuovamente, con grande orgoglio, nelle sale italiane con Un affare di famiglia. Una pellicola che è riuscita nell’intento di soddisfare sia pubblico che critica, portandosi a casa anche la Palma d’oro all’ultimo Festival di Cannes.

Dopo uno dei loro furti, Osamu e suo figlio si imbattono in una ragazzina in mezzo ad un freddo glaciale. Dapprima riluttante ad accoglierla, la moglie di Osamu acconsente ad occuparsi di lei dopo aver appreso le difficoltà che la aspettano. Benché la famiglia sia così povera da riuscire a malapena a sopravvivere commettendo piccoli reati, sembrano vivere felici insieme finché un incidente imprevisto porta alla luce segreti nascosti che mettono alla prova i legami che li uniscono.

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A differenza delle precedenti pellicole, i personaggi di Un affare di famiglia non sempre fanno la cosa giusta. Le loro gesta, seppur fatte con un profondo senso di urgenza, risultano il più delle volte scorrette. La bellezza del film risiede proprio in questo, ovvero nel trasformare questi elementi in situazioni di pura sensibilità umana. Giustificare un atto come il rapimento ad esempio, che qui diventa una piacevole occasione per far felice una povera bambina maltrattata. Kore’eda sa benissimo fino a che punto spingersi e l’atto finale ne è una valida conferma, dove il candore famigliare lascia spazio a una tremenda realtà. La sceneggiatura ovviamente si prende i suoi tempi, caratterizzando un nucleo famigliare ossessionato dalla ricchezza e da una speranza legata sempre intorno ad essa.

Allora perché un film del genere colpisce per la sua sensibilità? Perché quando meno te lo aspetti Kore’eda inserisce delle scene che arrivano dritto al cuore dello spettatore, provocando ben più di una semplice emozione.

Indipendentemente da tutto è impossibile rimanere indifferenti di fronte a una storia del genere. Non solo per l’intensità con il quale ci viene raccontato il tutto, ma anche per le sue interpretazioni. Un cast in perfetta forma, che riesce a donare credibilità attraverso un semplice movimento del corpo. Scena dopo scena, il loro passato verrà inevitabilmente a galla, costruendo scene intense e che riveleranno più di una semplice verità. Impossibile parlar male di questo comparto, in particolare se pensiamo alla meravigliosa prova attoriale di Miyu Sasaki. Il suo è uno sguardo dolce, ma al tempo stesso pieno di dolore. Uno dei personaggi più complessi da interpretare. Una bambina di quattro anni con un talento inimmaginabile.

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Un Affare di Famiglia è probabilmente l’opera più completa di Hirokazu Kore’eda, con una sceneggiatura che riprende elementi già trattati all’interno della suo cinema, rielaborandoli con un’originalità e una personalità a dir poco sorprendente. Uno dei migliori film dell’anno, nonché un autentico capolavoro.

 

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RECENSIONE
Giudizio complessivo
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Simone Martinelli
Nato a Milano nel 1992. Appassionato di cinema sin da piccolo. I suoi registi preferiti sono David Lynch e Nicolas Winding Refn. Ama guardare film ogni giorno, alimentando sempre di più la sua fame di pellicole. Sogna un mondo senza Paolo Ruffini dietro la macchina da presa.
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