Torna Paul McCartney, il “vecchio” Paul McCartney.
L’ultimo album di Paul McCartney è, in sostanza, tutto quello che ci si dovrebbe aspettare dall’ultimo album di Paul McCartney. Il lavoro di un musicista, ormai possiamo dirlo, anziano, con una carriera pluri-decennale (una sessantina d’anni) alle spalle, enormi successi e prestigio infinito.
Ragion per cui non è interesse di Paul McCartney, giunto a questo punto, cercare di fare cose nuove, sperimentali od originali. Anche perché in fondo, e chi lo conosce lo sa, il Macca è sempre originale, in una maniera tutta sua.
Lo stile che mostra in Egypt Station è quello di un musicista nostalgico ma che ha ancora molte energie. Ed è un enorme sollievo constatare che Paul McCartney ci ha risparmiato un suo preteso ringiovanimento, magari riempiendo il disco di basi trap o elettronica post-dubstep o peggio ancora usando il vocoder.
Qualche accenno si ha soltanto nella canzone Fuh You, l’unica costruita evidentemente per suonare come un successo “moderno”, con “high-pitched vocals” stile Thunder degli Imagine Dragons, come la metà dei singoli pop che girano ora.
Niente compromessi con la modernità. E a che pro, giunti a questo punto?
Il resto del disco procede tra ballad melodiche e a loro modo melanconiche (I Don’t Know, Happy with You, Hand in Hand), e rock and roll vecchio stile (Who Cares, Caesar Rock). La canzone migliore del disco è Come on to Me, seguita a ruota da Dominoes. Nel complesso, come si diceva, nessuna vera sorpresa. Un connubio di stili che non si allontanano mai troppo dal pop/rock/folk della norma, se non per esempio con la “neo-samba” di Back to Brazil.
Ci sono poi due canzoni composte, divise in varie sezioni: Despite Repeated Warnings e il medley Hunt You Down/Naked/C-Link. Rimando, se non banalmente al medley di Abbey Road, ad altre soluzioni simili come Hold Me Tight/Lazy Dynamite/Hands of Love/Power Cut, medley dell’album Red Rose Speedway dei Wings (1973). Per il resto, aggiungete un’armonica a bocca qui, un sitar (omaggio evidente ai giorni dei Beatles) lì, e questo è Egypt Station.
Un disco che può tranquillamente essere amato da un fan di Paul McCartney, rispettato da ogni appassionato di musica che si rispetti, ed eventualmente ignorato da chi abbia l’assurda pretesa di aspettarsi qualcosa di più da un musicista di settantasei anni.