2008-2018. Ben dieci anni sono ormai trascorsi dalla messa in onda del primo episodio di uno show destinato a cambiare il mondo delle serie tv.
Stiamo chiaramente parlando di Breaking Bad, il percorso mozzafiato del professor Walter White verso l’abisso esistenziale più profondo.
Il drammatico picco di questo climax discendente è rappresentato dal quattordicesimo episodio dell’ultima stagione, divenuto un autentico modello nel mondo seriale: Ozymandias. Analizziamo nel dettaglio i punti cardine di questo capolavoro.
I met a traveller from an antique land Who said: Two vast and trunkless legs of stone Stand in the desert. Near them on the sand, Half sunk, a shatter’d visage lies, whose frown And wrinkled lip and sneer of cold command Tell that its sculptor well those passions read Which yet survive, stamp’d on these lifeless things, The hand that mock’d them and the heart that fed. And on the pedestal these words appear: “My name is Ozymandias, king of kings: Look on my works, ye Mighty, and despair!” Nothing beside remains. Round the decay Of that colossal wreck, boundless and bare, The lone and level sands stretch far away.
Nel pensare e realizzare questo episodio, che sarà poi acclamato dalla critica di tutto il mondo, Gilligan decide di ispirarsi a Percy Bisshe Shelley, lirico romantico dell’Ottocento.
Modello decisamente alto e autorevole a cui ispirarsi, Shelley scrisse nel 1817 uno dei suoi sonetti più famosi e maggiormente illuminanti: Ozymandias. Soltanto un anno prima, infatti, era approdata a Londra una statua di Ramses II, il cui soprannome era proprio Ozymandias.
La vista del preziosissimo reperto suscitò in Shelley una riflessione sulla fallacia del potere e sul declino di tutti quegli uomini che col potere avevano costruito imperi. In questo senso risulta mitico, nel senso più antico del termine, l’esempio di Ramses II, che mostrava la grandezza delle sue opere per rispondere a chiunque chiedeva chi fosse o cosa avesse fatto.
Solo facendo queste doverose premesse, si può comprendere perché Ozymandias sia ritenuto il fiore all’occhiello di una serie straordinaria.
Vince Gilligan costruisce l’intero episodio sul concetto della caduta, non soltanto esistenziale, ma anche fisica. In questo drammatico domino, i protagonisti risultano essere delle tessere che cadono l’una dopo l’altra. Insieme a loro, a precipitare sono le vite di ognuno dei personaggi, che cambiano radicalmente e irrimediabilmente.
A dare il via a tutto ciò è la morte, caduta fisica e spirituale per antonomasia, di quel personaggio che da antieroe grossolano e buffo, compie il passo finale, in punto di morte, della trasformazione in un vero e proprio eroe.
Il mio nome è Hank Schrader e tu puoi andare a farti fottere!
Sono queste le ultime parole con le quali il coraggioso agente della DEA decide di morire eroicamente, senza accettare alcun patteggiamento con criminali ai quali aveva dato la caccia per anni.
La morte dell’agente Schrader segna il punto di non ritorno definitivo nella vita di Walter e conseguentemente a questo, la sua caduta fisica. Walt, nel silenzio assordante successivo al colpo esploso da Jack, stramazza al suolo proprio come Ozymandias.
Come per Ramses II, a nulla è valso l’impero costruito dal re della metanfetamina, anzi è stato proprio questo a determinare la sua caduta. In un solo istante, Walter White perde tutto quello per cui aveva dannato la sua anima e ciò per cui tutto era iniziato: la sua famiglia.
E’ così che Heisenberg, resosi conto di non avere più nulla, se non quel barile con undici milioni di dollari lasciatogli per uno slancio di bontà da Jack, trascina con sé nel baratro il compagno di mille avventure: Jesse Pinkman.Walt decide di condannare Jesse perché lui, il suo fidato collaboratore e amico, lo aveva venduto alla DEA, causando fatalmente la morte di Steve ed Hank.
Walt stabilisce inoltre, in un crescere di perfidia, di chiudere un cerchio rimasto aperto fin dalla seconda stagione, e colpire Jesse nel suo punto più debole: la morte di Jane. Lui era lì, ma non ha fatto niente, lasciandola morire per overdose. E’ così che anche Jesse si lascia cadere fra le braccia dei suoi aguzzini, con i suoi occhi azzurri che sembrano perdere la propria luce.
Nonostante il terremoto che ha sconvolto la sua vita, l’iconico professore di chimica tenta di aggrapparsi ai suoi cari, l’unica certezza che ormai crede essergli rimasta. E’ così che quella che si configura già come una vera e propria tragedia, rischia soltanto di aggravarsi ulteriormente.
Walter fa’ ancora una volta leva sull’errata credenza che aveva già contraddistinto Ramses II, Ozymandias. Così come nel deserto aveva tentato di salvare Hank, facendo leva sugli 80 milioni seppelliti solo qualche metro più in là, allo stesso modo cerca di guadagnarsi la fiducia della propria famiglia, puntando sugli 11 milioni che avrebbero consentito loro di ripartire da capo. Tuttavia il potere e i suoi frutti non possono prevalere sul fato.
La verità più atroce da realizzare per l’uomo dalle mille risorse è ormai compiuta: colui che tutto aveva compiuto in nome della propria famiglia, non ne fa’ più parte. E Skyler, con istinto da madre predatrice, è addirittura capace di impugnare un coltello contro il proprio marito, ormai divenuto il pericoloso colpevole dell’omicidio di Hank.
Nel drammatico teatro sul quale il fato opera come un maligno deus ex machina, anche Skyler subisce la propria caduta, voluta proprio da Walter, che le porta via il bene più prezioso, la piccola Holly.
Walt, mai domo e sempre positivo, nutre ancora una speranza di poter dare un senso alla propria vita e quel barlume risiede proprio negli occhi di Holly. Tuttavia basta un dolce mamma, pronunciato dalla piccola, a spegnere quel residuo barlume di speranza di poter ricominciare e a far rinsavire Walter.
E’ così che sulla scelta di Holly si chiude il sipario su quella che era e non sarà mai più la vita di Walter White, pronto a compiere il suo destino, così fatalmente simile al grande Ozymandias.
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