Sons of Kemet: il jazz torna ad essere emancipazione.
Il terzo album dei Sons of Kemet è, prima di tutto, una dichiarazione politica. Dichiarazione che, vista la contemporanea ondata di intolleranza che sempre più investe i paesi occidentali, risulta particolarmente significativa. Il titolo, Your Queen Is a Reptile, sembra un riferimento alla teoria del complotto secondo la quale gran parte degli individui al potere sarebbero in realtà “rettiliani”. Ossia, lucertole antropomorfe travestite da umani, il cui scopo sarebbe manipolare e controllare la Terra.
Al di là del riferimento, si spera scherzoso, l’accento viene posto sul fatto che la regina (evidentemente, la Regina Elisabetta) non rappresenta le minoranze. In particolare, la minoranza di inglesi di pelle nera, come alcuni dei componenti del complesso stesso.
Allora, tutte le canzoni del disco oppongono al “your queen” del titolo un “my queen”, ossia una visione personale di chi realmente ammirano i quattro jazzisti. Ed ecco allora una lista di donne importanti nella storia dell’emancipazione delle minoranze di colore. Da Angela Davis ad Harriet Tubman, attivista e abolizionista negli Stati Uniti di metà ‘800.
E poi altre, figure simboliche che vengono riassunte in un pantheon quasi sacro, per ricordare a tutti i sacrifici e le lotte di queste donne. Tra loro, per prima, viene inserita anche Ada Eastman, nonna del band leader Shabaka Hutchings, originaria delle Barbados.
Date queste premesse, ha perfettamente senso che la musica suonata dai Sons of Kemet in questo disco cerchi di essere più “black” possibile, scartando ogni elemento hard bop e post-bop residuo dai due album precedenti. Quello di Your Queen Is a Reptile è un world jazz con influenze caraibiche e occasionalmente venato da sfoghi vocali in stile hip-hop. Un disco che vuole essere (ed è) impegnato, profondo, per certi versi ribelle.
Un album che cerca di recuperare un senso quasi tribale della lotta per i propri diritti.
Su tutto, comunque, trionfa la musica. I Sons of Kemet si confermano come una delle migliori realtà jazz contemporanee, con uno spiccato senso della melodia e del ritmo, che qui lascia poco spazio all’improvvisazione ma in compenso crea un’atmosfera calda e intensa come che pochi altri sanno creare.