Solitamente non recensiamo fumetti ma questo Dylan Dog Profondo Nero merita un’eccezione. Per la prima volta, Dario Argento ha incontrato l’indagatore dell’incubo, regalando la sua poetica al buon Dylan Dog, un personaggio cult nella cultura pop italiana. Perché, insomma, chiunque ha letto almeno una volta un Dylan Dog nella sua vita. Addirittura Umberto Eco si sbilanciò, affermando che rilegge sempre volentieri tre cose: la Bibbia, Omero e Dylan Dog. Creato nel 1986 da Tiziano Sclavi, oggi si trova sotto la supervisione di Roberto Recchioni, che ha conferito una certa continuity ed un cambio radicale, mandando in pensione lo storico ispettore Bloch. Ai nuovi personaggi si è affiancata una Londra multiculturale e frenetica, a cui il progresso tecnologico fa da sfondo, insieme alla riluttanza di Dylan verso social e quant’altro.
Tornando nel microcosmo di questo Dylan Dog Profondo Nero, possiamo affermare senza remore né rimorsi che è uno dei numeri migliori. Si vede la mano di Argento, la sua costante ricerca verso le cose assurde che abbiamo dentro di noi. E per farlo, cambia media, arrivando a toccare la nona arte. Una storia dove la carica erotica è fortissima nonché piena di colpi di scena. Si scende nelle stranezze del BDSM, si indaga cosa spinge le persone a voler scegliere la sofferenza. A trascenderla, a superarla, come i cenobiti di Hellraiser. Il dolore è piacere, recita Lais, una slave famosissima nel mondo del bondage e che riprende il nome da Lais di Corinto. Proprio quella schiava, anzi un’etera, ispira una delle protagoniste di questo Dylan Dog Profondo Nero.
Il nome in codice di una persona che cerca giustizia verso chi le ha fatto del male. Tanti i plot twist finali, tipici di Argento, che non sveleremo.
L’amore improvviso che Dylan prova verso questa Lais, lo porterà a scendere negli angoli più bui della società londinese, andando ad indagare per risalire alla vera identità della donna. E così, come in un percorso dantesco, Dylan inizierà a calpestare i gradini di una scala a spirale che lo porterà sempre più giù, in stanze segrete del piacere che nascondono ben altro. La carica simbolica di questa storia è molto alta e ben radicata, così come la morbosità erotica che lega tutti i personaggi tra loro. Un rapporto legato dalla ricerca del piacere attraverso il dolore, dell’indissolubilità del legame tra dominatore e schiavo, dove il primo non sempre e necessariamente è una persona fisica. I ruoli si interscambiano, tanto che colei che è schiava per scelta e definizione, diventa una fugace ed inconsapevole dominatrice. Ma senza frustini e quant’altro. Domina le passioni, i sentimenti di Dylan Dog.
Sotto molti aspetti, la morbosità della storia e del rapporto tra i personaggi rimanda proprio a Tenebre. Quella lucida follia che si lega al masochismo ed al trauma di un passato oscuro. Inevitabili anche i richiami visivi ai film di Argento, soprattutto quelli legati alla mano con il guanto nero che impugna il coltello e commette l’omicidio. Scelte estetiche fondamentali, a firma Dario Argento che cita anche il negozio presente a Roma, dal nome Profondo Rosso. Chissà che la mano (fisica) di Argento non sia stata la modella in toto per i disegni di Roi? Dylan Dog Profondo Nero rimane un fumetto di altissimo spessore, dove le attese vengono ben ripagate. E da quel sangue color Profondo Rosso, si passa dunque ad un animo color Profondo Nero, un animo morboso e oscuro.
E no, non c’è da avere paura in un flop. Argento c’è ed è un Argento vivo.