Un titolo evocativo Don’t Worry, scelto per la sua autobiografia dal vignettista John Callahan, scomparso nel 2010. Un sorriso, lo humor nero sfrenato ma dopo un difficile percorso di riabilitazione del corpo e della mente. Apparati congiunti, l’uno dipendente dall’altro a prescindere dalla situazione.
Dopo il mediocre La Foresta dei Suicidi, Gus Van Sant torna sul grande schermo con un film biografico in cui riporta l’intimità della riabilitazione di Callahan, interpretato da un Joaquin Phoenix in vero stato di grazia, dopo You Were Nevere Really Here. In questo caso però non parliamo di un killer ma di un uomo con un vizio ( e non “di forma“), quello dell’alcol. Il suo essere dipendente dalla bottiglia lo porterà ad un brutale incidente d’auto che lo renderà quasi tetraplegico e dal quale il suo amico Dexter, un bravo Jack Black, ne uscirà pressoché illeso.
Le premesse sono abbastanza strazianti anche vista la giovane età di Callahan all’epoca dei fatti. A soli 27 anni, il vignettista si è trovato costretto su una sedia a rotelle che lo accompagnerà fino alla sua prematura morte che però non ci verrà mostrata.
Con Don’t Worry, Van Sant mette in scena una storia di vita vissuta e lo fa con uno stile a tratti documentaristico, scandito dai molti zoom aggressivi. Moltissimi i flashback che vengono usati in questo film dalla struttura narrativa circolare ed inizialmente frammentata. Parla ad una platea, Callahan.
Si racconta, si mostra e ci mostra quel lato emotivo che tenta di camuffare con il suo spiccato senso dell’umore come arma di difesa verso il mondo che lo circonda. E poco a poco, vediamo la sua gioventù sfrenata e dipendente da alcol e sigarette a colazione. Dipendenze generate da un senso di abbandono prematuro, dalla volontà di trovare quella madre che lo abbandonò ancora in fasce.
Una vita passata tra riabilitazioni. Prima quella per fargli riprendere un parziale uso del copro e poi quella per ripulirsi del marcio interiore. Dell’alcol e di quella sua depressione mascherata, grazie all’aiuto di un gruppo terapeutico tra cui troviamo anche Beth Ditto, la frontman del gruppo pop rock The Gossip. E la vera svolta arriverà quando le mani di John Callahan poseranno la bottiglia per impugnare la matita, o un pennarello nero, ed inizierà a dare concretezza al suo spiccato senso dell’umorismo. Le animazioni delle sue vignette, inserite come intermezzi sono un palese omaggio ad un’artista che è riuscito ad andare oltre la malattia, oltre la stasi della depressione. Riuscendo anche a trovarsi una compagna, Annu, una “svedese” Rooney Mara.
Gus Van Sant sa come raccontare la realtà e questo Don’t Worry ne è l’ennesima prova dopo il bellissimo Milk. Senza scendere mai nella retorica, riesce ad emozionare e commuovere anche soprattutto grazie a Joaquin Phoenix, vero punto di forza del film. Una perla biografica che tutti dovremmo vedere e soprattutto conoscere.