Visages villages - La recensione - Quando due generazioni di creativi si incontrano nasce qualcosa di unico: Agnès Varda e JR firmano uno splendido documentario on the road.
Agnès Varda ha, all’anagrafe, 90 anni. Eppure pare ancora una ragazzina.
Visages villages – La recensione – Visages Villages ha una forza incredibile, è capace di mesmerizzare lo spettatore per tutta la sua durata. Il documentario, diretto dalla leggendaria regista belga e dal francese JR, uno dei nomi più noti della fotografia contemporanea, racchiude in sé la vita stessa, il valore delle persone e dei luoghi, il ruolo delle memoria e dei ricordi ed il senso dello sforzo di creare arte. È un’indagine, un ritorno nei piccoli paesi lontani dal trambusto delle città moderne, dove le persone sono ancora al centro di tutto.
Il progetto nasce qualche anno fa dalla stima reciproca dei due artisti. Decidono quindi di mettersi in viaggio e di documentare quello che succederà nel loro vagare per una Francia dimenticata. I due, sullo speciale van di JR, gireranno per parecchie settimane, alla scoperta delle persone dei luoghi di un tempo ormai passato. Scattano parecchie foto, soprattutto di persone, per poi creare giganteschi murales sugli edifici dei paesi con questi scatti. Un modo per riavvicinare le persone ai luoghi, di mostrarne l’appartenenza ed il loro rapporto in cui entrambe le parti danno per ricevere molto.
I due attraverseranno verticalmente l’Hexagone francese, indagando su quello che resta di un’umanità che sembra, a noi cittadini, ormai lontana.
In realtà questo viaggio fisico diventa il pretesto per un viaggio di tipo diverso. Le due generazioni, così diverse fra loro, quella della Varda e quella di JR, hanno ancora qualcosa in comune. La visione del mondo e dell’arte è ormai diversa, eppure i due riescono a trovare un linguaggio comune, che fa sembrare l’ormai anziana regista una ragazzina che ha appena scoperto il cinema. È il linguaggio della creatività, della pulsione vitale nel creare un’opera che resti nel tempo, che possa emozionare e fare riflettere e che possa, in ultimo, testimoniare il fatto stesso della nostra vita.
Visages villages è un film che colpisce immediatamente, forse per il modo così semplice di parlare di questioni importanti e difficili.
Agnès e JR sembrano due amici da sempre a cui è facile voler bene ed a cui, noi spettatori, siamo caldamente invitati ad unirci. Ed è forse la natura puramente improvvisata a renderlo così diretto. I due non hanno in mano una sceneggiatura: il film nasce per strada, inquadratura dopo inquadratura, gli occhi dei due artisti protagonisti di questa genesi. Gli stessi occhi che i due incollano sulle cisterne, gli stessi di Cléo de 5 à 7, gli stessi della Varda, che sta poco a poco perdendo la vista.
Un presagio, quello della morte, che torna spesso nel corso del film.
La Varda si rende conto che non le resta molto tempo da vivere, ma lo accetta serenamente, continuando a fare quello che ama da sempre: creare immagini e raccontare storie. Continua a scherzare, a vivere, ha ancora una singolare fame di conoscenza da cui tutti dovremmo prendere esempio e che commuove per la sua naturalezza. Non perde mai il gusto del gioco, che sia a scopo artistico o meno.
Per finire il loro viaggio, dopo aver citato la celebre scena della corsa nel museo di Bande à part, la Varda decide di fare una sorpresa a JR. Lo sta per portare infatti da Jean-Luc Godard, una vera e propria leggenda vivente. Godard non si farà trovare, provocando la Varda con una battuta poco elegante lasciata sulla porta di casa.
Visages villages è uno dei migliori documentari degli ultimi anni.
Riesce a farci innamorare immediatamente per la naturalezza con cui ci scorrono davanti agli occhi queste immagini, senza inutili retoriche e mediazioni di sorta. Tutto quello che vediamo sullo schermo è puro, diretto, nudo.
Il film è stato presentato nella selezione ufficiale del Festival de Cannes ed ha ricevuto la nomination all’Oscar come miglior documentario, rendendo così la Varda la persona più anziana a ricevere una candidatura. Il film non si è aggiudicato la statuetta, ma la regista belga ha ricevuto l’Oscar alla carriera, prima volta per una donna. Un’attestazione del merito che questa grande persona ha avuto e che continua, incredibilmente, ad avere sul cinema che tanto amiamo.