La Scimmia presenzia: Kasabian all’Arena Flegrea, Napoli

La nostra esperienza ad una delle cinque date italiane dei maghi dell'indie da dancefloor, durante il Noisy Festival di Napoli.

Kasabian
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L’Italia è ormai una tappa fissa nei tour dei Kasabian, e non possiamo che esserne contenti.

Ormai uno dei gruppi indie rock più affermati al mondo, nonché tra i pochi fortunati che sono riusciti a rimanere sulla cresta dell’onda nonostante l’indie inglese sia morto e sepolto da parecchio. I Kasabian sono riusciti a rapire il pubblico per la loro capacità di rendere ballabile il rock anni Settanta e di trasformare qualsiasi concerto in un rave party. Sull’onda del (quasi) successo dell’album For Crying Out Loud il loro tour li ha portati e continua a portarli in giro per il mondo (addirittura in Sud America) e fortunatamente anche nel Bel Paese, terra d’origine del loro chitarrista e compositore Sergio Pizzorno, con ben cinque date (Servigliano, Napoli, Lignano Sabbiadoro, Ferrara, Genova).

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Non potevamo perderci un concerto con questo genere di premesse; e anche il pubblico di Napoli (e di tutto il Sud Italia, essendo l’unica data dei Kasabian nel meridione) il 15 luglio è accorso fino a riempire i 6000 posti della suggestiva Arena Flegrea e preparando un’accoglienza calorosa per la band di Leicester.

Tre sole parole: muro di suono.

Sentire questa parola associata ai Kasabian fa strano, eppure è quello davanti al quale ci siamo ritrovati: dopo una mezz’ora di opening act di Lilian More, un pop-punk alla Avril Lavigne tranquillamente dimenticabile, si sente risuonare la voce possente di Pavarotti che interpreta “Nessun Dorma” e subito i quattro, accompagnati dal trombettista Gary Alesbrook e dal tastierista Ben Kealey, irrompono sul palco con The King (Ill Ray), prima traccia del loro ultimo album. E qualche minuto dopo, Alesbrook intona “The Ecstasy Of Gold” di Ennio Morricone per poi dare spazio alla potentissima Days Are Forgotten. Insomma, i Kasabian vogliono davvero bene all’Italia, e il pubblico ha voluto davvero bene ai Kasabian.

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Sembra che loro stessi muoiano dalla voglia di lanciarsi in pista: Sergio Pizzorno passa più tempo a mezz’aria o incitando la folla che suonando, e Tom Meighan ci mette tutta la sua arroganza british nel donarsi alla folla come un idolo. Ma tranquillo Tom, ci piaci così.

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Inanellate Underdog, la sfrontata ed infarcita di elettronica  eez-eh e  You’re In Love With A Psycho in versione trionfale con tutto il pubblico al seguito, le luci diventano schizofreniche e il concerto diventa un crescendo fino ad esplodere definitivamente con Club Foot, uno spettacolo di bassi vibranti e fari accecanti che però non sfondano i timpani. Tutto ben bilanciato, suoni pulitissimi e neanche un errore da parte di Meighan, il tutto aiutato dalla perfetta acustica del luogo.

Che vogliate ballare, pogare o alzare gli accendini al cielo, i Kasabian sono qui per voi.

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Come da previsione, è stato impossibile non cominciare a muovere la testa e le braccia dopo il primo brano. E nel caso vi fosse venuta voglia di versare qualche lacrima (e non vi bastassero quelle gigantesche che campeggiavano alle spalle della band (riprendendo la copertina di For Crying Out Loud), basta attendere che Pizzorno e Meighan sussurrino Questa è per te Italia e imbracciata la chitarra acustica fermino il tempo per qualche minuto con Goodbye Kiss. Chiudono il concerto con la hit mondiale Fire e con un inchino con tanto di bandiera italiana sulle spalle. Ma siamo noi a doverli ringraziare, per aver messo in piedi un vero e proprio spettacolo.  Belli i live nei bunker eh, ma sinceramente li preferiamo nelle arene, a far ballare migliaia di persone come ormai pochi sanno fare.

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