Aldo, Giovanni e Giacomo: comicità, musica e arte.
Il primo film di Aldo, Giovanni e Giacomo, diretto da loro stessi assieme a Massimo Venier, è una prova importante per il celebre trio comico. Reduci da successo teatrale e televisivo, i tre devono affrontare l’esordio nel cinema, contro scetticismo e pregiudizi. La scelta della musica, nel loro primo film, è importante perchè dichiara subito l’ambizione artistica a cui Tre uomini e una gamba mira. Certo, vuole essere un film comico, ma non un film come quelli con Jerry Calà e Lino Banfi. Aldo, Giovanni e Giacomo, provenienti dal teatro, vogliono un film nel quale, nella migliore tradizione della commedia all’italiana, si mescolino comicità e drammaturgia quotidiana.
La scelta ricade allora, per la colonna sonora, su Phil Palmer. Direte voi: mai sentito nominare. In realtà basta effettuare una piccola ricerca per scoprire cose enormi su questo chitarrista inglese. Nipote di Ray e Dave Davies dei Kinks, ha collaborato come turnista con, giusto per fare alcuni nomi: Frank Zappa, Bob Dylan, Eric Clapton, Elton John, Tears For Fears, Dire Straits. No, non è uno scherzo. Il contributo strumentale di questo chitarrista inglese, dalla grande preparazione e dalla precisa lucidità compositiva, crea la colonna sonora di Tre uomini e una gamba.
Colonna sonora che fornisce sempre i suoni richiesti dal momento: un rock/blues drammatico, un pop/jazz rilassante, un hard rock stile anni ’70 (nella sequenza iniziale dei mafiosi). L’utilizzo di queste sonorità “alternative” vuole rendere chiaro al pubblico che quello che stanno guardando non è il “solito” film comico. Allo stesso tempo, con queste scelte musicali Aldo, Giovanni e Giacomo cercano, seppur senza troppe pretese, di rialzare il livello della comicità italiana, facendole riacquistare un minimo di aspirazione artistica.
Ci sono altri esempi, che ricorrono nel resto del film.
La musica incidentale (orchestrale), composta da Marco Forni, imita perfettamente gli stili dei generi. Così nel segmento del film neorealista (quello di Ajeje Brazorf), il commento sonoro drammatico ci fa veramente immergere in quello che sembra quasi un film di Vittorio De Sica. E nella sequenza del conte Dracula (quella della “cadrega”), la creazione dell’atmosfera da film horror affidata alla musica è impeccabile.
Possiamo trovare ancora altre sequenze memorabili che fanno utilizzo della musica, in modi diversi. In una scena celebre, i tre ascoltano delle musicassette durante il viaggio in auto che deve portarli al matrimonio di Giacomo. Giovanni ascolta con trasporto la canzone Stile libero di Claudio Sanfilippo (1996), cantautore soft ma di buon livello. Giacomo prorompe però con un commento doveroso “Sì, ma che palle ‘sta musica”, e cambia cassetta. Parte il rock and roll, e Giovanni, com’è tipico del suo personaggio, subito protesta per il chiasso.
Arriva il turno di Anima mia dei Cugini di campagna (1972), classico del pop italiano che Giovanni prontamente getta fuori dal finestrino. Giacomo propone quindi Luci a San Siro di Roberto Vecchioni (1971), canzone che fa riferimento al grande aggregatore sociale e culturale italiano, il calcio. Il gradimento è fin troppo, tanto che Giovanni si commuove e pronuncia la ormai celebre frase “Non ce la faccio, troppi ricordi“. Per finire, i due ascoltano l’aria Vesti la giubba (meglio nota come “Ridi, pagliaccio“), dall’opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo (1892), qui interpretata evidentemente da Luciano Pavarotti. Ancora una volta Giovanni si lascia trasportare, e rischia di andare fuori strada.
Questa digressione comica, apparentemente banale, ripercorre in realtà la storia della musica italiana. Vengono chiamati in causa diversi contesti sociali e culturali, come quello dei calciofili.
E stereotipi, come quello dell’italiano che ovviamente non sopporta il rock.
Stereotipi poi scongiurati, puntualmente, nella scelta di altre due canzoni come commento al film. Una è il jazz di Che coss’è l’amor di Vinicio Capossela (1994), che fa da sfondo alla partita “Italia-Marocco”. Un’altra è il rock (soft) dei Negrita (qui la nostra intervista alla band), che con la canzone Ho imparato a sognare (1997), accompagnano l’avvicinarsi del trio alla meta e alla scelta finale che potrebbe cambiare la loro vita. I Negrita poi, com’è noto, contribuiranno all’intera colonna sonora del successivo film di Aldo, Giovanni e Giacomo: Così è la vita (1998).