Magical Mystery Tour: Beatles, psichedelia e regia amatoriale
Il terzo film dei Beatles, Magical Mystery Tour, arriva in un momento particolare per il quartetto. Un momento di emancipazione artistica, dopo il successo e l’esplosione psichedelica di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. Un momento di confusione decisionale, dopo la morte del manager Brian Epstein. Un momento di perdizione, con droghe psichedeliche (erba ed LSD), ma anche con strumenti e sonorità esotiche.
Il 1967 è l’anno di punta della psichedelia. I “trip” sono all’ordine del giorno. L’anno è quello di Jimi Hendrix, dei Velvet Underground, dei Jefferson Airplane, dei Cream. L’anno dell’estate dell’amore e del Monterey Pop Festival. E anche l’anno di nascita della New Hollywood, con l’uscita di Gangster Story (Arthur Penn, 1967) e Il laureato (Mike Nichols, 1967).
Questo è il contesto in cui i Beatles decidono di lanciarsi nella produzione del loro primo film “indipendente”. Per “i Beatles” si intende principalmente Paul McCartney, che inizia a prendere le redini del gruppo; per “indipendente” si intende un film girato all’avventura, senza regole o impostazioni particolari.
Il risultato: un enorme pasticcio.
Un film senza capo nè coda, con una trama quasi inesistente che viene continuamente rimescolata e sconvolta da scene nonsense. Atmosfere Felliniane, videoclip in costume, nastri colorati, e un bus psichedelico che vaga su e giù per l’Inghilterra senza meta.
Un attimo John Lennon spala (sì, spala) spaghetti in un ristorante. L’attimo dopo i quattro danzano vestiti da maghi. L’attimo dopo ancora (o quello prima?) compare un sergente istruttore dell’esercito che dà comandi alle reclute.
Non c’è da stupirsi che il film all’epoca abbia avuto meno successo dei suoi due predecessori, A Hard Day’s Night (1964) e Help! (1965), entrambi diretti dal professionista Richard Lester. Tuttavia, con gli anni in molti hanno lodato la voglia di sperimentare e l’atmosfera di anarchia artistica presenti in Magical Mystery Tour. Tra questi anche Steven Spielberg e Martin Scorsese, allora ancora studenti di cinema.
Non si può comunque dire che il film non abbia scene interessanti.
A partire dai videoclip, I Am the Walrus, Blue Jay Way e Your Mother Should Know, in cui i quattro praticamente inventano MTV. Particolare anche la comparsata della Bonzo Dog Doo-Dah Band (molti di voi diranno: chi?) che, sullo sfondo di uno spogliarello, suonano la canzone Death Cab for Cutie (dalla quale, sì, prende il nome l’omonima band).
Magical Mystery Tour è un film che alla prima visione lascia insoddisfatti. Perchè è stato diretto amatorialmente dai quattro Beatles, senza pretese di professionalità . Le tecniche narrative, di montaggio, e le scenografie, i costumi: tutto è una gran confusione. Non c’è precisione, e non c’è neanche una seria volontà artistica.
Questo film è un pò come quando i Beatles chiesero a tutti i loro orchestrali di indossare maschere o guanti o indumenti strani, prima di suonare A Day in the Life (1967). Una cosa non necessaria, ma bella se la si prende per quello che è. Magical Mystery Tour dimostra una volta di più come i Beatles, oltre che essere “mainstream”, fossero anche all’avanguardia. Pure, con questo film, forse senza neppure saperlo.