10 film sul flusso di coscienza

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Hiroshima, mon amour – Alain Resnais

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Hiroshima, Mon Amour la storia di una storia d’amore di breve durata tra un’attrice francese e un architetto giapponese, il film è strutturato come una lunga conversazione con flashback costanti alle parti precedenti della vita dell’attrice o al bombardamento di Hiroshima. I due personaggi centrali – denominati “lei” e “lui” – si denominano a vicenda dopo le città che hanno ospitato i loro rispettivi traumi: lei lo chiama “Hiroshima” e la chiama “Nevers”, la città francese in cui è cresciuta e ha avuto una relazione con un soldato tedesco durante la seconda guerra mondiale.

Hiroshima, Mon Amour è una densa meditazione sul potere di ricordare e dimenticare, mentre l’attrice ricorda con insistenza il bombardamento di Hiroshima che l’architetto insiste nel dire di non aver visto. 

Il film diventa quindi la disconnessione tra evento e memoria, tra realtà e rappresentazione. Resnais rimane fedele al punto di vista dell’attrice, mostrandoci la sua interpretazione unica della sua vita e della sua storia. La fotocamera passa liberamente attraverso diversi tempi e luoghi, dando luogo a una fusione tra passato e presente. L’unica narrazione dell’attrice (mis) ricordata costituisce l’unica struttura guida del film, rendendo “Hiroshima, Mon Amour” un esempio eccezionale di regia cinematografica.

 

 Upstream Color – Shane Carruth

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Upstream Color di Shane Carruth, tutto qui sembra metaforico per i processi mentali, in particolare il recupero dal trauma emotivo (attraverso l’esternazione dello stesso) e l’inevitabilità dell’influenza della memoria sull’identità. Narrativamente, il film è strutturato attorno a un ciclo naturale distruttivo che coinvolge i vermi parassiti che vengono raccolti dalle orchidee, iniettati negli esseri umani e infine trapiantati nei maiali. Lo stato altamente suggestivo dell’ipnosi inflitto dai vermi sembra simboleggiare la vulnerabilità delle relazioni abusive; una volta che i vermi sono nei maiali, mantengono un legame psichico con i personaggi centrali – Kris e Jeff – che rappresenta il residuo traumatico del passato che si insinua nel recupero presente. Kris e Jeff si riabilitano riprendendo i gesti precedentemente parassitici in esperienze reciproche, cercando un modo per interrompere il ciclo velenoso che li ha intrappolati.

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Upstream Color funziona come una fuga musicale e psicologica. Carruth sviluppa le immagini attraverso la ripetizione in modi diversi, intrecciandoli in un enigma avvincente ma non facilmente decifrabile.  E Carruth ci permette di condividere questa esperienza mistica, creando immagini e suoni che trascendono qualsiasi lettura semplificata dei temi del film.

 

Mirror – Andreij Tarkovskij

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Mirror potrebbe essere il film che incarna veramente il flusso di coscienza come inteso nella critica letteraria. Mirror è un collage non lineare di ricordi e sogni liberamente collegati attraverso la poesia scritta dal padre di Tarkovskij: Arseny. Il personaggio centrale è un poeta di nome Alexei, che lavora come una sorta di sostituto di Arseny. Il film si muove attraverso le scene della sua vita e tocca i principali eventi della storia russa, in particolare la seconda guerra mondiale.

In questo modo, il film funziona sia come un’espressione altamente personale dei pensieri di un morente, sia come una meditazione toccante sullo stato emotivo della Russia stessa. Le immagini che Tarkovsky costruisce qui sono alcune delle più notevoli della sua intera filmografia. Scatti in cui la fotografia scivola delicatamente attraverso le impostazioni naturali in contrasto con il cinegiornale in tonalità seppia dal tempo di guerra. Mentre non è il film più sconcertante in questa lista, Mirror potrebbe essere la pellicola con la struttura meno narrativa. Aspettarsi una storia coerente non farà che deludere. Il film si avvicina di più come una poesia o come una serie di dipinti, e se visto in quelle capacità.

 

Synecdoche, New York – Charlie Kaufman

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Charlie Kaufman in Synecdoche, New York ci mostra un mondo in cui tutte le ansie e le insicurezze sono esternalizzate. Caden riceve una borsa di studio MacArthur, che gli fornisce i fondi necessari per montare un’elaborata produzione scenica basata sulla sua stessa vita. Imposta il suo gioco in una ricreazione a grandezza naturale in continua espansione di New York, ospitata in un gigantesco magazzino, e mentre la storia del gioco prende forma, il confine tra realtà e finzione si offusca in modi profondi e sconcertanti.

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Il film rende corporee tutte le preoccupazioni e le tendenze mentali di Caden. Esprimere l’ansia di Caden è più importante di qualsiasi narrativa plausibile o logica. L’ansia non è logica, e quindi nemmeno il film. Synecdoche racchiude la sensazione del tempo che scorre tra le dita, oltre alla sensazione di schiacciamento dell’ansia sociale e generale. Aspetto importante è la sua narrativa non sequenziale. Il tutto è messo insieme da frammenti di una coscienza appartenente ad un uomo che è terrorizzato dall’esistenza e cerca di raschiare senza guardare quel terrore in faccia. 

8½ – Federico Fellini 

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8½ è un metafisico ipnotizzante sull’atto del cinema, seguito dal regista Guido Anselmi che sfugge alla frustrazione creativa ritirandosi nei ricordi e nelle fantasie. Il film riguarda essenzialmente la realizzazione di se stesso.
Come 8½, il film di Guido è un racconto vagamente autobiografico di un uomo emotivamente e creativamente in bancarotta che si rivolge inutilmente alle donne per la liberazione. L’unico resto dell’evidente angolo fantascientifico è un vasto ma incompleto set di astronavi, un’infrastruttura incombente.

8½ è semplicemente uno dei migliori film mai realizzati sul processo artistico, e fornisce una panoramica delle menti di entrambi, Guido e Fellini. Mentre la macchina da presa di Fellini fluttua sognante attraverso il chiaroscuro monocromatico di vari contesti, le fantasie sono reali come la realtà, e Guido a volte ci scivola dentro per assumere più azione di quella che può nel mondo reale.

Fonte: www.tasteofcinema.com

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