Gli Snow Patrol festeggiano il ventennale con un album di post-britpop riflessivo e sofisticato.
Gli Snow Patrol segnano venti anni esatti di carriera con Wildness, il loro settimo album. Anche se la band irlandese si rende poco presente negli anni, le loro rade uscite discografiche non deludono. Così Wildness, che reitera la tradizione del post-britpop e dell’indie rock britannico (e dintorni) di metà anni ’00.
Già la prima canzone, Life on Earth, accoglie bene l’ascoltatore, introducendo un disco profondo e serioso, che non intende essere semplicemente lo svolgimento di un compitino per prendere la sufficienza. La medesima impressione viene confermata dal secondo pezzo, Don’t Give In, sugli stessi toni.
I momenti migliori del disco rimangono quelli più malinconici, come A Dark Switch e Soon. Ma c’è da dire che anche una ballad in classico stile British, come What If This Is All the Love You’ll Ever Get?, fa la sua figura. Il tono generale è quello che di solito si definisce riflessivo, in ogni caso tranquillo, non escandescente.
Durante l’ascolto emergono paragoni con gli Sterophonics, i Travis, qualcosa dei primi Coldplay, Starsailor, e Keane. L’impressione finale è insomma quella di un post-britpop aggiornato ma non per questo deprecabile. La stessa impressione che quest’anno ci hanno dato i Peace con il loro terzo album, eccetto che qui si coglie necessariamente molta esperienza in più.
In definitiva, gli Snow Patrol proseguono bene la propria carriera, capaci come sono dopo vent’anni di proporre ancora un buon lavoro per il loro genere. Certo, Wildness accusa alcuni segni di stanchezza, ma il risultato è comunque molto buono se si considera il superamento del blocco dello scrittore da parte di Gary Lightbody, e un cambio di formazione che vede entrare definitivamente Johnny McDaid come tastierista.
Se a questo si aggiunge la produzione come al solito competente di Jacknife Lee (che figura anche come co-autore di nove tracce su dieci), non si può che concludere che l’album vale sicuramente più di un ascolto.