Se n’è andata ieri, venerdì 25 maggio, un’altra colonna portante del doppiaggio italiano: è infatti venuto a mancare a Roma all’età di 87 anni dopo una lunga malattia il celebre doppiatore e attore Sergio Graziani.
Una voce calda e inconfondibile che abbiamo sentito in un numero incalcolabile di film sin dai primi anni sessanta, sugli attori più importanti dell’età d’oro del cinema.
Nato a Udine il 10 novembre del 1930, è stato una tra le voci più ricorrenti di Peter O’Toole (a partire dalla pietra miliare Lawrence d’Arabia di David Lean del 1962), di Donald Sutherland, Klaus Kinski, Michael Caine, Richard Harris, Philippe Noiret, ed ha prestato la voce a moltissimi altri celebri attori.
Ha doppiato anche molti attori italiani, negli anni in cui il doppiaggio nel cinema italiano era molto diffuso a causa dell’abitudine di non girare in presa diretta, tra i quali Terence Hill e Franco Nero (quest’ultimo vinse un David di Donatello nel 1968 per Il giorno della civetta di Damiano Damiani, supportato dalla voce di Graziani).
Ha fatto inoltre ridere gli amanti dei cartoni animati col suo esilarante doppiaggio del professor Hubert J. Farnsworth in Futurama, sino alla sua sostituzione con Mino Caprio al ritiro dalle scene di Graziani avvenuto nel 2014.
Attivo dagli anni ’60 nella CDC, la società di doppiaggio italiano che vanta il più alto numero di film importanti al suo attivo, ha continuato a doppiare con assiduità sino al progressivo diradamento delle sue presenze. Sporadicamente attivo anche come attore, è apparso in piccole parti in film di Dino Risi, Damiano Damiani, Marco Bellocchio e Carlo Verdone.
Prima del ritiro a vita privata, Sergio Graziani ci ha lasciato il suo autentico testamento spirituale con l’indimenticabile doppiaggio del protagonista di uno dei film più commoventi ed emozionanti degli ultimi anni, per il quale nel 2014 si è aggiudicato il premio per il miglior doppiatore protagonista alla sesta edizione del Gran Premio Internazionale del Doppiaggio: stiamo parlando di Bruce Dern in Nebraska di Alexander Payne, del 2013.
Sotto l’eccellente direzione di Rodolfo Bianchi, il quale ha avuto la geniale idea di richiamare al leggio una simile vecchia gloria in un ruolo talmente ricco di sfaccettature, ha dato un’interpretazione a cuore aperto in un lavoro di perfetta simbiosi col personaggio, rendendo la versione doppiata del film ai livelli di quella originale.
Una delle ultime voci storiche ad andarsene della vecchia scuola romana del doppiaggio italiano, lascia un vuoto incolmabile. Ma la sua voce, presente in innumerevoli capolavori della storia del cinema, continuerà ad accompagnare gli italiani sino alla fine dei giorni. Qui di seguito vi alleghiamo un’intervista effettuata nel 2011 per il sito enciclopediadeldoppiaggio.it.