A volte, nel mondo dell’underground, può capitare di imbattersi in progetti low budget alquanto particolari. Uno di questi è Tempus Edax Rerum.
I problemi per rappresentare un’opera prima, che nella propria mente appare come incredibile, al livello di ciò che si ha immaginato, sono principalmente la mancanza di fondi, l’assenza di esperienza e la mancanza di collaboratori con un buon livello di preparazione. Questi ostacoli spesso hanno funzionato, creando dei veri e propri cult del cinema. Uno di questi è, ad esempio,La casa di Sam Raimi.
Ma, ai vecchi tempi, era qualcosa definito anche come cinema ”artigianale”. Al giorno d’oggi in Italia, questo processo è ancor più difficoltoso. Qualsiasi minima mancanza potrebbe risultare come un grosso ostacolo. Vi sono però dei progetti artistici che, seppur non siano perfetti o esaltanti, sono fatti con pura passione.
A volte la semplicità è tutto e l’amore per quello che si fa è l’ingrediente vincente.
Tempus Edax Rerum ne è una chiara dimostrazione. Il cortometraggio è scritto, diretto e interpretato da Davide Roveda, un giovane non professionista ma con una grande ed evidente passione per il cinema. L’autore del cortometraggio è un venticinquenne, nato a Milano e residente in Abruzzo. Dopo aver studiato grafica per tre anni, attualmente è studente di economia a Pescara.
Roveda è un giovane che mette spesso in discussione le persone sul web, con i propri pensieri e le proprie convinzioni. Da molti è contrastato: o lo si ama, o lo si odia. Il suo amore per il cinema si sofferma sull’autorialità di registi come Ingmar Bergman, Andrzej Żuławski e Andrej Tarkovskij, in particolar modo il suo Possession, suoi prediletti.
Ed è proprio un mix di elementi di questi ultimi, maestri indiscussi dell’arte dell’illusione, che risultano chiari a chi, da esterno, osserva il suo corto.
Tempus Edax Rerum, che prende il titolo da una locuzione latina presente ne La metamorfosi del poeta Ovidio, è un corto low-budget ultimato con genuinità, con la sola spinta della dedizione artistica. Perciò, al suo interno non vi recitano veri attori, bensì Davide Roveda stesso, senza alcuna precedente esperienza in campo attoriale.
Il corto Tempus Edax Rerum:
Girato in un paesino dell’Abruzzo, Tempus Edax Rerum- o come l’uomo smise di essere libero è il manifesto di una vita sciupata e sperperata nell’incoscienza. L’ineluttabilità è qui il nemico principale, che può essere visto come una via di salvezza oppure come il cammino verso le tenebre. Nell’esistenza umana i cambiamenti sono fatali: a volte delle strade imboccate non ti permettono più di far ritorno verso quella precedentemente lasciata.
Il protagonista del cortometraggio è un giovane solitario. Lo si vede vagare per le strade deserte in assenza di compagnia a una non specificata ora della notte, quasi come se fosse senza meta, oppure senza motivazione. L’unico suo intento è quello di assumere della droga, azione che gli consentirà di ritrovarsi in una realtà distorta: morta.
Ma quello che sembra morto al protagonista, i silenzi, le stradine incolte, l’aria esanime, non è altro che un riflesso del suo spirito.
Il cortometraggio non è giustamente un capolavoro, ma è pur sempre un prodotto interessante e originale da vedere al giorno d’oggi. I richiami al cinema di un tempo sono evidenti e profondi, con l’uso del bianco e nero capace di donare un tocco più mystery e arcano. Qui si cerca di percorrere vie oltre i limiti prestabiliti, in maniera coraggiosa, con rimandi ben celati al cinema di Tarkovskij.
La locuzione Tempus Edax Rerum rispecchia tutto ciò che si vede all’interno: il tempo divora ogni cosa, col suo scorrere perdiamo molte cose, non ci accorgiamo di grandi fattori in grado di determinare la nostra vita. Forse ce ne rendiamo conto proprio quando il nostro tempo, prezioso e anche assassino, scade, a volte anche troppo velocemente e imprevedibilmente. Ciò viene sottolineato anche dai tic dello scorrere del tempo che si possono udire durante la passeggiata solitaria del protagonista, mentre cerca di dare un senso a ciò che sta facendo.
E così si arriva alla morte: perché quando il tempo finisce e ti finisce, il prossimo stadio è proprio il sonno eterno,il paziente sovrano delle nostre esistenze. La morte che arriva poeticamente, non di soprassalto, non violentemente, ma in maniera delicata, trasportandoti con inquietudine, in sua compagnia, sul nuovo cammino da percorrere.