This is America – Childish Gambino vuole farci usare il cervello

Childish Gambino
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Perchè This is America ha fatto tanto discutere.

Donald Glover, in arte Childish Gambino – di cui avevamo già parlato qualche tempo fa qui – sta indubbiamente facendo parlare di sè dopo il lancio del suo ultimo singolo This is America. Il video che accompagna il brano ha già superato le 100 milioni di visualizzazioni in poco più di una settimana. Ma cosa si nasconde dietro la sua diffusione?

Cosa racconta il videoclip.

La clip in questione, la cui regia è stata affidata a Hiro Murai, sta letteralmente scuotendo l’opinione pubblica per la brutalità descritta dalle immagini.

Il videoclip si apre con la danza esaltata di Glover e con l’immagine di un uomo seduto su una sedia, che imbraccia una chitarra. L’uomo è di spalle a quello che si scoprirà poi essere il suo carnefice, ignaro di quello che stia per accadere; è vulnerabile, suona una dolce melodia e ha il volto coperto: è senza identità.

A questo punto, Glover assume un posa grottesca, estrae una pistola e spara all’uomo. In pochi secondi, il corpo della vittima viene trascinato via, ancora con il volto coperto: non ha importanza chi sia, nessuno gli ha anticipato il proprio destino e probabilmente a nessuno importa cosa gli accadrà. Glover prosegue la sua danza come se nulla fosse accaduto e la pistola viene consegnata ad un ragazzino, che l’avvolge premurosamente in un elegante panno rosso. Questo è il frangente più drammatico: la pistola viene maneggiata con la massima cura, a differenza della povera vittima a cui non è stato riservato il minimo interessamento.

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Questi particolari riescono a catturare solo gli occhi degli osservatori più attenti: l’omicidio appena perpetrato passa immediatamente in secondo piano perché la danza ipnotica di Glover diventa un’immediata distrazione.
La violenza rimane confinata sullo sfondo, attorno a cui Glover balla, allontanando l’occhio e la mente da quanto accaduto poco prima.
Attenzione però: resta in secondo piano, ma non scompare dalla scena.

Non è chiaro se il protagonista, in preda alla propria danza, sia conscio di quanto succeda dietro di sé: che lo ignori volutamente o meno non ha importanza, non fa differenza.

Questo è il punto: siamo tutti tristemente partecipi di questo processo. Un po’ come i telegiornali che propinano quotidianamente immagini di violenza e brutalità, raccontando agli spettatori solo la parte più superficiale della storia, per l’immediatezza con cui si passa da una tragedia all’altra; o peggio, perché le problematiche più concrete vengono aggirate con disinvoltura per far posto all’intrattenimento.

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Con la stessa brutalità, la violenza si ripete, questa volta nei confronti di un coro gospel che oscilla allegramente da una parte all’altra della scena. Ancora una volta le armi vengono immediatamente portate via, mentre i corpi vengono lasciati a terra in un ammasso sanguinoso, un’immagine che sembra evocare il terribile massacro di Charleston. La danza febbrile di Glover resta l’intrattenimento principale, ma questa volta un gruppo di ragazzini si unisce a lui, emulandone i movimenti.

Da questo punto in poi si scatena il caos ai bordi dello schermo.

La gente impreca e salta in cima alle macchine; un individuo cade dalla ringhiera sovrastante e degli spettatori si siedono su un balcone, catturano l’evento con i loro telefoni ma non fanno nulla per fermarlo; lampeggiano le luci di emergenza. Si scorge addirittura una figura misteriosa su un cavallo bianco (che sia un riferimento ai cavalieri dell’apocalisse?).

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La tensione del video raggiunge poi un clima soffocante, fino al momento in cui si spegne la musica e tutto l’ammasso di persone attorno al protagonista si dilegua in un istante. È solo dopo aver raggiunto la sua tasca e aver acceso uno spinello che la musica ritorna, questa volta con Glover che balla enfaticamente sul tetto di un’auto, mentre la telecamera si spegne. Quando l’incubo sembra terminato, l’artista fa la sua ultima apparizione, questa volta in preda al panico e con il terrore in volto. Corre via, fugge da qualcosa, si sentono delle sirene in lontananza. Da cosa sta scappando: dalla polizia? O dalla folla?

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Un ottimo spunto di riflessione.

Senza ombra di dubbio, l’obiettivo di Glover è quello di focalizzare l’attenzione sul tema degli stereotipi razziali, questione già emersa negli scorsi giorni in seguito alle discutibili dichiarazioni di Kanye West secondo cui la “la schiavitù è stata una scelta“. This is America è una rappresentazione stimolante e straziante sullo stato attuale dell’America, paese in cui il pregiudizio razziale riesce ancora ad influenzare fortemente la percezione che si ha degli uomini di colore. Non a caso, l’America è la nazione con il più alto tasso di traffic stop killings, i casi di omicidi di uomini neri da parte della polizia perché fermati per un controllo stradale.

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Ma non è solo banalmente questo. La morale spicciola su quanto siano sbagliati i pregiudizi razziali è qualcosa di cui non si dovrebbe nemmeno più discutere nel XXI secolo, l’era degli smartphone, di Elon Musk e della blockchain, per quanto siano fenomeni ancora tristemente diffusi. Anzi, fa quasi sorridere il fatto che negli U.S.A. questa sia stata l’interpretazione più popolare. Se sono così bravi a recepire il messaggio, perché non sono in grado di assorbirlo?

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Ad ogni modo, Glover fa qualcosa di più: una critica all’ipocrisia dell’industria dell’intrattenimento nero, che continua a glorificare pistole, abuso di droghe e violenza. Questi sono i problemi radicati nella blackness, gli stereotipi che continuano ad essere perpetuati. Proprio come il chitarrista della scena d’apertura, i musicisti di talento passano inosservati mentre l’industria spinge le tendenze che portano gli artisti a diventare caricature della cultura nera. E in questa sbalorditiva affermazione sulla condizione dell’industria dell’intrattenimento nero, Glover non si pone come autorità super partes. Avrebbe potuto interpretare un ruolo passivo, escludendosi dalla critica, invece si rende addirittura autore delle brutalità.

Qual è il messaggio che Childish Gambino vuole farci arrivare?

Alla domanda di un giornalista su quale fosse il messaggio dietro il brano, la risposta di Glover è stata “That’s not for me to say”. Dunque cosa abbia effettivamente voluto rappresentare nel suo This is America non è dato saperlo. Qualunque fosse l’intento, è sicuramente riuscito a far parlare di sé, esortando il pubblico a trarre personalmente le opportune considerazioni; se poi il suo scopo fosse quello di esortare a riflettere, beh, ci è riuscito.