Il piano sequenza in questione è molto complicato e a detta del regista richiese un’abile sincronizzazione da parte di coloro che collaboravano per la realizzazione della scena. Vi è infatti un’alta presenza di comparse, attori e scenografie. La camera è molto dinamica, i movimenti in dolly dall’alto sono alternati da momenti di staticità, durante i quali l’obiettivo si ferma per “spiare” le chiacchierate e le azioni dei personaggi negli uffici, ciò viene realizzato anche tramite le zoomate di dettagli sui quali si vuole concentrare. Si è nel bel mezzo della Hollywood degli anni ’90, in una casa di produzione.
Altman ha voluto dare a questa introduzione un’accezione in più, quella metacinematografica: il film comincia con un ciack interno, questo ci fa pensare fin dall’inizio che tutto ciò che noi vediamo sia una recita di una recita, che sia tutta una farsa; in secondo luogo all’interno della sequenza vediamo uno dei tanti personaggi che vengono ripresi dalla telecamera, che poi si scoprirà essere il responsabile della sicurezza dello Studio, Fred Ward, parlare di cinema con un fattorino, citando il famoso piano sequenza di Orson Welles ne L’infernale Quinlan, lamentandosi della quantità di stacchi che ci sono nel cinema contemporaneo: «I film che fanno oggi sono tutti dei videoclip: stacco, stacco, stacco, stacco, la scena di inizio dell’Infernale Quinlan di Welles durava sei minuti e mezzo…Costruisce tutto il film su quell’unica carrellata”. Lo stesso Altman, riferendosi a questa scena, disse:
Non mi riferisco ai film che amo. E non parlo necessariamente dei registi che ammiro. In quel momento non sto parlando dal mio punto di vista, ma dal punto di vista di tutti. Guarda caso, io considero il piano sequenza che apre L’infernale Quinlan piuttosto pretenzioso. Se avessi voluto parlare di qualcuno che usa lunghi movimenti di macchina, mi sarei probabilmente riferito ad Ophlus. Ma io sto parlando di quello di cui parla la maggior parte della gente quando parla di cinema. Veramente, è anche una cosa pretenziosa. Prendevo in giro me stesso e tutti gli altri registi che ritengono importanti queste cose. La ripresa in se stessa era arrogante; diventa autoesplicativa, piuttosto che un elemento interno alla storia.
Le armonie di Werckmeister – Béla Tarr, 2001
Durata: 9:50 min
La filmografia di Béla Tarr è pregna di piani sequenza. Basti pensare alla prima scena de Il cavallo di Torino, per il quale il regista vinse l’Orso d’argento a Berlino. O ancora Satantango.
Con Le armonie di Werckmeister e con il suo piano sequenza iniziale di ben 11 minuti, Tarr è stato capace di creare poesia dal niente. La scena si apre in una locanda, è sera tardi, e János viene supplicato dagli avventori ormai brilli di replicare la sua performance. Così János mette letteralmente in scena un’eclissi totale: Sole, Luna, Terra, impersonati dagli amici del bar, vengono guidati dalle parole di János, durante un racconto così semplice e puro, ma allo stesso tempo profondo. Così come la Terra gira intorno al Sole e la Luna gira intorno alla Terra, la macchina da presa gira e danza insieme a loro, mentre una struggente melodia di pianoforte accompagna le parole del protagonista. La messinscena è estremamente teatrale. Questo piano sequenza iniziale è un rimando al significato del film. Se la legge che regola l’universo è una legge perfetta basata sull’armonia fra le cose, il genere umano è destinato ad un’immobilità che non trova salvezza, inghiottita dalla superstizione e dalla paura di ciò che è diverso.
Scarificio è considerato il film testamento del regista Andrej Tarkovskij. E la sequenza iniziale è la più lunga che abbia mai fatto in tutta la sua filmografia. Il film si apre con un’inquadratura ampissima dell’isola lambita dall’acqua sulla quale si stagliano le forme del protagonista, Alexander, che piantando un albero ormai secco spiega al figlio un pensiero della perseveranza nelle azioni, anche quelle più comuni, finché non arriva il postino e i due intrattengono una conversazione filosofica sulla vita. Nel frattempo la macchina da presa non si avvicina ai personaggi, rimane un osservatore distante. I movimenti di macchina sono ridotti ad un’unica carrellata che segue i tre personaggi. La rappresentazione è scarna, riflette lo stile del piano sequenza, che a sua volta è essenziale, e si pone nei confronti dei personaggi come un ascoltatore riservato ed attento.
L’infernale Quinlan – Orson Welles, 1958
Durata: 3:18 min
Il piano sequenza in questione è uno degli inizi più famosi della storia del cinema. Viene piazzata una bomba a orologeria nel retro della macchina di un uomo e successivamente vengono presentati quelli che sono i due dei personaggi principali del film, il protagonista, Mike Vargas, e sua moglie, che passeggiano seguendo lo stesso percorso della macchina fino ad arrivare al confine tra Messico e Stati Uniti, dopodiché si ha uno stacco e nell’immagine seguente si vede esplodere l’automobile. Nel corso della passeggiata dei personaggi, il ricorso insistito al grandangolare allarga lo spazio ai due lati dello schermo, facilitando la funzione introduttiva della scena. Nel momento finale di rilassamento, nel quale si ha il bacio tra Vargas e la moglie,si ha uno stacco in controcampo sull’esplosione dell’automobile con uno zoom reso ancora più forte dal taglio di alcuni fotogrammi. Si ha quindi un forte contrasto tra la continuità del piano sequenza con la sua distensione temporale e la zoomata improvvisa che rende in maniera efficace l’effetto shock della detonazione.
Welles, nell’intervista con Bogdanovich, sostenne che girare questa sequenza non fu eccessivamente complesso e più che elogiare il lavoro del direttore della fotografia elogiò quello dell’operatore John Russel e del macchinista ai quali si affidò per il film e per questa ripresa, eseguita principalmente con una gru. Marco Salotti ha sostenuto che la scena girata senza stacchi poteva costituire una difesa nei confronti dell’intervento manipolatore della produzione, che nella fase finale ridusse e tagliò molte scene. Nonostante ciò la produzione decise comunque di sovrapporre i titoli di testa al piano sequenza, con grande rammarico di Welles.